Ucronie contemporanee: la letteratura come rifugio temporale
Andrea Lombardinilo, Olimpia Affuso, Giulia Crippa, Stefano Cristante, Ercole Giap Parini
Università degli Studi Roma Tre, Italia
Ucronie contemporanee: la letteratura come rifugio temporale
La letteratura come scrittura del possibile o dell’irrealizzabile. Questo il focus di ricerca che si prefigge il panel, incentrato su alcune declinazioni letterarie ispirate al concetto di ucronia e alla scelta di raccontare i fatti sociali secondo traiettorie narrative alternative, immaginarie o fantastiche, distopiche o utopiche. La letteratura può configurarsi come rifugio temporale, nella misura in cui la scrittura può dare forma ad aspettative mancate e ad attese sepolte, svelando così mondi possibili e mai realizzati, sospesi tra finzione e iperrealtà. Lo studio delle ucronie contemporanee consente di analizzare l’evoluzione della produzione letteraria del Novecento, secolo che ha assistito a due guerre mondiali, all’olocausto, alla guerra fredda e ad infinite altre lacerazioni, individuali e collettive. Artisti e scrittori vi hanno reagito attraverso la costruzione di mondi alternativi, da Aldous Huxley a Emmanuel Carrère, fruttando la dialettica tra utopia e distopia, senza trascurare il ricorso all’ucronia. L’idea di letteratura come cronorifugio, proposta da Georgi Gospodinov, disegna curvature narrative accattivanti, che pongono il lettore di fronte all’incognita del futuro, mescolando satira e nostalgia, storia e ironia, in un irresistibile viaggio nello sconfinato paradigma del passato. Di qui l’opportunità di approfondire l’impegno letterario di alcuni scrittori, noti e meno noti, che hanno definito paradigmi ucronici e innovato il genere del romanzo grazie ad una visionarietà dai tratti stranianti, calibrata sui segreti dei rifugi temporali. Sullo sfondo, si palesa il mondo come avrebbe potuto o dovuto essere, insieme alle vite possibili e alternative che si agognano o si temono. Si pensi al premio Nobel Sinclair Lewis, a Philip k. Dick e Philip Roth, che da versanti letterari differenti hanno ispirato alcuni loro testi alle vicende storiche del Nazismo. Si pensi a Neal Stephenson e George Jewsbury, che in Interface analizzano le dinamiche del complotto da una prospettiva tecnocratica e ucronica. Si pensi anche alla riscrittura della biografia di Cristo da parte di José Saramago, secondo un processo di riscrittura della storia che si presta a re-interpretazioni e desacralizzazione. Si pensi infine al crono-rifugio come espediente letterario, sul modello proposto da Mircea Cặrtặrescu. Si disegnano così alcune possibili declinazioni ucroniche del nostro presente, irrealizzato e vagheggiato, secondo un processo di riallineamento del tempo perduto e il recupero delle temporalità vagheggiate.
La letteratura e l’alterazione del tempo. Un intanto nostalgico dell’assenza OLIMPIA AFFUSO – Università degli Studi della Calabria
“Vorrei vivere a pagina 17 di Cronorifugio, a pagina 17 di ogni romanzo, dove tutti sono ancora felici. Voglio vivere negli inizi dei libri, quando tutto è appena iniziato e tutto deve ancora succedere”. Sono le parole di Georgi Gospodinov, tratte da una recente intervista su Cronorifugio (Voland, 2021). Se ne coglie in pieno una tensione di attesa del futuro.
Eppure con questo romanzo Gospodinov offre il passato alla memoria, soprattutto di chi non ha attraversato certi eventi. Vi si narra un tempo che, mentre viene ricordato nella sua complessità storica, assume una tonalità del tutto singolare: l’idea, quasi nostalgica, che di fronte a una non-esperienza del passato, una assenza, si possa scegliere di tornare a viverlo, in base alle proprie attitudini. Un passato che può diventare un rifugio per chi, come lo stesso Gospodinov ha dichiarato più volte, essendo cresciuto nell’ex Urss ha dovuto fare i conti con un discorso pubblico che ha tradito le promesse di futuro, facendone oggetto di una strumentalizzazione, qualcosa con cui barattare il presente totalitario. E probabilmente è per questo stesso corpo a corpo con la dittatura che ritroviamo questa “poetica della non esperienza” anche in un altro autore, Mircea Cărtărescu. In maniera più radicale, lo scrittore rumeno, oltre a fare del romanzo un mezzo per risarcire l’esperienza dell’assenza, porta in primo piano il tema della letteratura: “avevo cominciato a soffrire per il mio aspetto, che mi sembrava miserevole, per il fatto che non avevo soldi… Ma, in primo luogo, odiavo la mia mentalità di sognatore sbandato che, lo sapevo, mi avrebbe sempre impedito di vivere come avrei desiderato…Durante tutto quel periodo di vacanza di tre settimane Gina non ha più chiamato. Io non le ho più telefonato. L’orgoglio non mi permetteva di fare il primo passo. Di sera soffrivo come un cane, ma di mattina non stavo così male…Leggevo moltissimo, sette, otto ore al giorno…Scrivevo, se non ricordo male, il 10 gennaio: ‘Vita orientata verso l’esterno’… Leggo Thanatos, di Ion Biberi e la monografia del sogno di Popoviciu. Ho finito Orlando di Virginia Woolf” (Nostalgia, Voland, 2003, pp.128-129). Con Cartarescu in maniera più esplicita è la letteratura il cronorifugio, nelle vite anguste di chi magari si è dovuto misurare anche con la censura. Un romanzo come Nostalgia, ricco di numerosissimi riferimenti agli immaginari letterari, molti dei quali occidentali, integra la vocazione realista della letteratura, esaltandone la dimensione di compensazione fantastica e immaginifica dell’esperienza mancata. In questo contributo, dunque, partendo da questi due autori, dalla loro storia socio-biografica e letteraria, si guarda alla letteratura come un rifugio, vera e propria via di fuga, dall’orinaria opprimente quotidianità di certi contesti. Uno spazio di elaborazione della malinconia (Traverso, 2016) e della nostalgia (cfr. Modrzejewski, Sznajderman, 2003; Boym, 2001) come consapevolezza della potenzialità del passato. Quella sorta di intanto del pensiero che, di fronte a un mondo nuovo e misurandosi con il bisogno di un nuovo “cronotopo” (cfr. Bachtin, 2001, p.353), riesce a mettere a nudo il suo tempo e a proiettarvi la possibilità di un altro tempo, di un possibile altrimenti. Un campo, quello letterario che, nel momento in cui riesce ad “alterare” ciò che si sa, conduce in una temporalità magari ambigua, popolata di personaggi, sfondi, ambienti, immaginari ma dietro l’angolo della quale, come scrive Carrère (2024) si affaccia l’ucronia.
Riferimenti bibliografici
- Carrère E. (2024), Ucronia, Adelphi.
- Bacthin M. (2001), Estetica e romanzo, Einaudi.
- Boym S. (2001), The Future of Nostalgia, Basic Books.
- Modrzejewski F., Sznajderman M. (2003), Nostalgia. Saggi sul rimpianto del comunismo, Bruno Mondadori.
- Traverso E. (2016), Malinconia di sinistra. Una tradizione nascosta, Feltrinelli.
Due ucronie e una (vecchia) distopia per i nostri tempi GIULIA CRIPPA – Università degli Studi di Bologna
Analisi, in tre romanzi di speculative fiction degli approcci narrativi sociopolitici come anatomie della società americana di fronte all'ipotesi dell'istituzione di governi autoritari e totalitari. I tre romanzi, It can't happen here (1935), del premio Nobel Sinclair Lewis, The Man in the high castle (1962), di Philip k. Dick e The plot against America (2004), di Philip Roth, svolgono le loro trame ispirati alle vicende storiche del Nazismo. Lewis scrisse quattro anni prima dello scoppio della II Guerra, narrando scenari repressivi, perdita di diritti civili e deportazioni in campi di concentramento degli oppositori politici. Il romanzo ucronico di Dick è ambientato dopo la fine della II Guerra, mettendo in scena il domino degli Stati Uniti da parte del Reich e dell'Impero giapponese. In ambedue le opere è in atto una Resistenza, il cui cento si localizza nel Midwest. L’ucronia di Roth, invece, si concentra sull'effetto dell'ideologia nazista nel quotidiano della comunità ebraica di Newark. Gli autori si soffermano sulla rappresentazione sociale degli effetti della dominazione, anche culturale, e sulla costruzione della figura del Leader.
Riferimenti bibliografici
- Contro, G. (2024), Il male e il peggio: breve ma ragionata storia dell'immaginario distopico, Odoya.
- Jameson, F. (2007), Archaeology of the future: the desire called Utopia and other Science Fictions, Verso Book.
- Freedman, C. (2000), Critical theory and Science Fiction, Wesleyan University Press.
- Williams, R. (1988), Science Fiction, in “Science Fiction Studies”, vol. 15(3), pp. 356-360.
L’opinione pubblica all’epoca della sua riproducibilità tecno-politica: analisi mediologica di Interface di Stephen Bury (1994) STEFANO CRISTANTE – Università degli Studi del Salento
Il contributo si propone di esplorare il potenziale della letteratura, e in particolare del romanzo fantascientifico, come medium utile a individuare e comprendere i grandi fenomeni socio-politici e tecnologici del nostro tempo. Partendo dall'analisi de Interface (1994) di Stephen Bury (pseudonimo della coppia di autori Neal Stephenson e George Jewsbury, si evidenzia come il testo fantascientifico, lungi dall’essere un mero esercizio di immaginazione narrativa, rappresenti una sorta di “ucronia” – una realtà alternativa che, pur non corrispondendo al futuro realmente accaduto, offre spunti di riflessione sulle dinamiche sociali e politiche emergenti.
La sociologia della letteratura ha già evidenziato come la narrativa possa essere utilizzata per comprendere i mutamenti sociali e le rappresentazioni collettive della realtà (tra gli altri, Williams, 1977; Griswold, 1987). In Interface, il racconto si sviluppa in un contesto futuro in cui le trasformazioni tecnologiche e le evoluzioni politiche assumono connotati radicali, evidenziando contrasti e convergenze con le problematiche attuali. L’intervento si focalizzerà su tre filoni principali:
- Rappresentazione del potere e crisi della legittimità istituzionale – Il romanzo anticipa dinamiche di controllo sociale amplificate dall’uso della tecnologia, mostrando un sistema politico sempre più guidato dall’analisi dei dati e dalla manipolazione mediatica, un tema già presente in Foucault (1975) e progressivamente aggiornato e rimpostato dalle analisi più recenti sulla datafication della società (p.e. in van Dijck, 2014). L’idea di un candidato politico connesso direttamente ai bisogni dell’elettorato attraverso un’interfaccia neurale solleva interrogativi cruciali sulla trasformazione della democrazia rappresentativa in un’epoca di iperconnessione (Bennett & Segerberg, 2013).
- Innovazione tecno-mediale e trasformazione sociale – Il romanzo affianca e in parte anticipa fenomeni quali la digitalizzazione, la disintermediazione politica e la crescente centralità degli algoritmi nelle decisioni pubbliche, fenomeni ad esempio analizzati da Castells (1996) e Zuboff (2019). L’idea di una politica guidata dall’analisi predittiva dei dati e dalla profilazione psicografica prefigura scenari che trovano oggi riscontro nelle strategie comunicative contemporanee, come evidenziato dallo scandalo Cambridge Analytica (Cadwalladr, 2019).
- Testo letterario come strumento di analisi sociopolitica e comunicativa – Seguendo la prospettiva di Fredric Jameson (2005), secondo cui la fantascienza non prevede il futuro ma riflette le ansie del presente, l’intervento proporrà una lettura di Interface come dispositivo di analisi critica della modernità, capace di mettere in evidenza tensioni irrisolte e traiettorie future. L’uso della “ucronia” non è solo un espediente narrativo, ma può sottendere una strategia epistemologica per interrogarsi sui possibili esiti delle scelte tecnologiche e politiche attuali, e sulle sue conseguenze comunicative.
Attraverso un confronto tra il futuro immaginato da Bury all’inizio degli anni ’90 del XX secolo e le trasformazioni reali verificatesi negli ultimi decenni, l’intervento intende dimostrare come la narrativa fantascientifica possa servire non solo da specchio distorto della realtà, ma anche da finestra aperta su possibili scenari futuri. In questo senso, Interface viene letta come un laboratorio di idee, in cui la tensione tra il possibile e l’improbabile diventa strumento per interrogarsi sulle logiche di potere, sul ruolo dei media e sulla funzione della tecnologia nella ridefinizione degli spazi pubblici e privati.
L’analisi proposta si avvale di un approccio interdisciplinare, che integra teorie sociologiche, studi culturali e prospettive critiche sull’evoluzione tecnologica, per mettere in luce come le opere letterarie possano offrire chiavi interpretative alternative rispetto ai tradizionali paradigmi di analisi sociale. In particolare, si sottolinea come la “ucronia” operi da catalizzatore per una riflessione critica, capace di mettere in discussione le narrazioni ufficiali e di rivelare tensioni e contraddizioni insite nella contemporaneità. Tale prospettiva consente di considerare il romanzo non solo come un prodotto artistico, ma come un vero e proprio documento culturale che testimonia e, al contempo, plasma il dibattito su temi quali la crisi della democrazia rappresentativa, l’ineguaglianza socio-economica e l’impatto pervasivo della tecnologia sulla vita quotidiana.
L’analisi di Interface si configura così come un esempio emblematico di come, attraverso il dialogo tra immaginario letterario e realtà storica, sia possibile individuare spunti per comprendere e interpretare le trasformazioni che stanno ridefinendo il mondo contemporaneo, offrendo materiale prezioso sul rapporto tra media, tecnologia e potere.
Riferimenti bibliografici
- Bennett, W. L., & Segerberg, A. (2013). The Logic of Connective Action: Digital Media and the Personalization of Contentious Politics. Cambridge University Press.
- Cadwalladr, C. (2019). “The Great Hack: How Data Driven Politics is Threatening Democracy.” The Guardian.
- Castells, M. (1996). The Rise of the Network Society. Blackwell.
- Foucault, M. (1975). Surveiller et punir: Naissance de la prison. Gallimard.
- Griswold, W. (1987). "The Fabrication of Meaning: Literary Interpretation in the United States, Great Britain, and the West Indies." American Journal of Sociology, 92(5), 1077–1117.
- Jameson, F. (2005). Archaeologies of the Future: The Desire Called Utopia and Other Science Fictions. Verso.
- van Dijck, J. (2014). Datafication, Dataism and Dataveillance: Big Data Between Scientific Paradigm and Ideology. Surveillance & Society, 12(2), 197–208.
- Williams, R. (1977). Marxism and Literature. Oxford University Press.
- Zuboff, S. (2019). The Age of Surveillance Capitalism: The Fight for a Human Future at the New Frontier of Power. PublicAffairs.
Cronorifugi della fede: Josè Saramago e il Vangelo secondo Gesù Cristo (1991) ERCOLE GIAP PARINI – Università degli Studi della Calabria ANDREA LOMBARDINILO – Università degli Studi Roma Tre
Riscrivere la vita di Gesù significa non solo reinventare l’esistenza terrena del figlio di Dio, ma soprattutto scrutare la storia da una prospettiva altra, possibile e immaginaria, che dia forma alle vicende secondarie di Cristo e alle sue traversie quotidiane, talvolta soltanto evocate dai Vangeli, secondo un processo narrativo che colga nel soprannaturale un tratto saliente della sua vicenda umana. La dialettica tra il padre e il figlio è riletta da Josè Saramago da una prospettiva narrativa in cui l’umano prende il sopravvento sul trascendente, con l’accento posto sulla condizione universale dell’uomo e sul suo anelito di immortalità, senza ridimensionare i cortocircuiti profani degli umani e senza ritrarsi dinanzi allo spettro della blasfemia.
Da questo punto di vista, Il vangelo secondo Gesù Cristo (1991) offre una prospettiva diegetica alternativa, declinata da una prospettica ucronica, che sfrutta il dato storico in chiave trans-biografica, secondo un processo di rivisitazione testuale ispirato all’idea di cronorifugio, alle istanze di analisi psicologica e ai dettami dell’indagine ecdotica. La fede nei miracoli lascia il posto alla fenomenologia del quotidiano, vissuto in rapporto con il bene e il male, con il giusto e l’ingiusto, sullo sfondo del mistero del soprannaturale e del divino. Una vita di Cristo alternativa, mai vissuta o forse mai raccontata, secondo un approccio metatemporale che vede nella scrittura un medium proiettivo.
Del resto, la riflessione di Saramago sul senso universale della fede si innesta sull’indagine sociologica sulla religione, che in anni recenti Ulrich Beck ha descritto attraverso la metafora del “dio personale” e Marc Augé mediante la metafora del “dio oggetto”, con l’accento posto sulle modalità di rappresentazione della religiosità postmoderna, sospesa tra aneliti confessionali e innovazioni narrative. In definitiva, la vita di Cristo si presenta come uno script, un codice narrativo di base suscettibile di continue variazioni e appropriazioni narrative, assurgendo per questo a un certo grado di universalità.
Riferimenti bibliografici
- Augé, M. (1988), Il dio oggetto, tr. it. Mimesis, Sesto San Giovanni (Mi), 2015.
- Bauman, Z. e Mazzeo, R. (2016): Elogio della letteratura, trad. it. Einaudi, Torino 2017.
- Beck, U. (2010). A God of One’s Own: Religion’s Capacity for Peace and Potential for Violence. Polity Press. (Original Work Published 2008).
- Habermas, J., & Ratzinger, J. (2006). Dialectics of Secularization: On Reason and Religion. Ignatius Press. (Original Work Published 2005).
- Longo, M. et al. (2023), Sguardi sul mondo. Sociologia come scienza e fonti letterarie, FrancoAngeli.
- Parini, E. G. (2017), Il cassetto dei sogni scomodi. Ovvero, quel che della letteratura importa ai sociologi, Mimesis, Sesto San Giovanni (Mi).
- Saramago, J. (1991), Il Vangelo secondo Gesù, tr. it. Bompiani, Milano 1993.
- Tarzia, F. (2003): I sociologi e lo spazio letterario. Un profilo del Novecento, Liguori editore, Napoli.
- Turnaturi, G. (2007): Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria, Laterza, Roma-Bari.
|