“Non c’è più tempo. Crisi ed emergenze nella società contemporanea”
Convegno SISCC, Cagliari, 19-20 giugno 2025
Proposta di panel per lo STREAM I. Comunicazione: organizzazioni, istituzioni e media alla sfida della cronemica
Titolo del panel: Mala tempora. Il racconto del presente e del futuro nelle teorie della cospirazione in Italia
Abstract
Il cospirazionismo ha guadagnato negli ultimi anni una crescente visibilità nel discorso pubblico, resa possibile soprattutto dalla circolazione virale attraverso i canali mediatici e le piattaforme digitali di narrazioni alternative e anti-establishment che hanno come principale bersaglio polemico le istituzioni scientifiche e politiche. La diffusione sociale delle teorie del complotto ha introdotto un immaginario culturale della crisi che fa leva sulla paura e sulle incertezze percepite su scala globale, fomentate dall’attuale fase storica di transizione legata alla recente emergenza pandemica, ai conflitti internazionali, ai rischi climatici, alle applicazioni della tecnologia, per non citare che alcuni esempi. L’immaginario della crisi veicolato dalle narrazioni complottiste è costruito su peculiari concezioni del tempo che adombrano una rappresentazione drammatica del presente e del prossimo futuro. Questo panel raccoglie tre contributi che mostrano le diverse visioni del tempo che informano il pensiero complottista contemporaneo.
Il primo lavoro descrive due diverse forme di complottismo nel panorama mediatico italiano. Da un lato, un complottismo proveniente dall’estrema destra che racconta la fine del tempo, ossia un’escatologia esoterica basata sulle dottrine di Guénon ed Evola. Dall’altro un complottismo di matrice liberale che si basa una concezione opposta di tempo, dove l’Occidente rappresenta la fine della storia, ma in chiave positiva, in quanto apogeo dell’umanità. Queste due forme di complottismo e di concettualizzazioni del tempo sono analizzate attraverso l’approccio del programma forte della sociologia culturale di Alexander.
Il secondo intervento si concentra sul “grande reset”, una recente teoria complottista secondo cui la pandemia da Covid-19 sarebbe l’ultimo di ripetuti tentativi messi in atto nei secoli da parte di un’élite di potere per condizionare lo sviluppo storico e instaurare un governo totalitario volto al controllo della popolazione mondiale. Questa teoria, diffusa nel discorso dei partiti populisti e all’interno di comunità online su social media come YouTube, Reddit e Telegram, elabora in modo condiviso uno storytelling seriale improntato a una rappresentazione del tempo futuro di tipo apocalittico, che prefigura l’avvento di una prossima società distopica.
Il terzo paper si sofferma sulla diffusione delle teorie del complotto e della disinformazione tra sfera digitale e mondo offline in un tempo di crisi in cui si radica la sfiducia verso le autorità tradizionali. All’interno di questa cornice, il contributo interpreta le teorie del complotto come una forma di conoscenza stigmatizzata, soffermandosi sul caso della “conspiritualità” - un concetto relativo al rapporto tra pensiero cospirazionista e campo spirituale -, e alla pratica dello yoga in Italia, quale esempio di campo spirituale che si qualifica per un grado di tensione nei confronti della società mainstream rispetto alle concezioni della salute, del sacro e della cura del corpo.
ABSTRACT DEI CONTRIBUTI
Abstract 1
È solo la fine del mondo: opposte concezioni del tempo nel complottismo italiano
Francesco Piraino, Università di Bologna
Questo paper discute due forme di complottismo nei media italiani che riflettono concezioni antitetiche riguardo la politica, la religione e l’escatologia. Il primo caso analizzato riguarda la produzione editoriale di Claudio Mutti, fondatore dell’Edizioni All’Insegna del Veltro e della rivista Eurasia. Mutti, figura chiave dell’estrema destra italiana ed europea, è riuscito negli anni a uscire dalla nicchia dell’estrema destra per coinvolgere intellettuali antimodernisti, stalinisti e complottisti. La sua rivista Eurasia è oggi acquistata da diverse università italiane. Questo processo di mainstreamizzazione è stato possibile grazie ad uno stile pseudoscientifico che unisce analisi geopolitiche con il complottismo riguardo le lobby ebraiche, gay e massoniche.
La visione filosofica, religiosa e politica di Mutti e di molti degli autori di Eurasia, si basa sulle letture esoteriche di René Guénon e Julius Evola, secondo i quali siamo giunti alla fine del mondo. La modernità, democratica, liberale, umanista rappresenta l’ultimo stadio di un degrado morale e politico. Secondo questa visione, stiamo vivendo un momento di accelerazione escatologica verso la fine dei tempi. Questa visione si riflette nella produzione editoriale che racconta una crisi perpetua prima dello scontro finale tra forze del bene e forze del male.
Il secondo caso preso in considerazione è quello che potrebbe essere chiamato “complottismo liberale” dei giornalisti come Oriana Fallaci e Federico Rampini. Secondo questi giornalisti, prestigiose firme del Corriere della Sera, ci sarebbero diversi complotti che minacciano l’Occidente. Oriana Fallaci ha reso celebre le teorie di Eurabia, ossia il presunto complotto delle istruzioni europee per l’arabizzazione e islamizzazione dell’Europa, favorita anche dalla superficialità e dal buonismo di una certa sinistra e di un certo Cattolicesimo. Rampini ha ampliato il complottismo raccontando un occidente, vittima di diversi complotti, come 1) l’immigrazione clandestina favorita da alcune élite tecnocratiche, 2) un’ecologia neopagana che minaccia continuamente un cataclisma imminente, ma privo di fondamento scientifico e 3) un attacco ai valori morali occidentali da parte di una élite di intellettuali di sinistra, caratterizzata dal pensiero postcoloniale e woke.
Il complottismo dei liberali si basa su una concezione del tempo radicalmente diversa rispetto a quello prima descritto. Secondo Rampini, che riprende le tesi di Francis Fukuyama e Samuel Huntington, l’Occidente rappresenta la fine della storia, la fine del tempo, l’apogeo della civiltà umana. Rampini non si limita a negare le critiche postcoloniali, woke ed ecologiche verso l’Occidente, come fanno molti intellettuali conservatori, ma le trasforma in complotti orditi da diverse organizzazioni.
Il complotto dell’estrema destra e quello dei liberali rappresentano due visioni opposte della società e della politica. Inoltre, si basano su due concezioni antitetiche del tempo, la prima basata sull’idea della fine imminente del mondo a causa della degenerazione moderna, la seconda sulla fine del tempo, dovuta al contrario, alla modernità occidentale come apogeo dell’umanità. Nonostante queste differenze abissali, le due visioni condividono la produzione di teorie del complotto che contribuiscono a polarizzare il dibattito politico italiano, identificando nemici nascosti e onnipotenti, verso i quali si può provare solo un senso di impotenza, e contribuendo a produrre un senso di emergenza perpetua.
Il framework teorico utilizzato per lo studio di questi due casi è la sociologica culturale del “programma forte” delineato da Jeffrey Alexander, che mette al centro i fenomeni culturali come variabile principale dell’analisi sociologica. Attraverso questa lente, possiamo considerare il complottismo non come il frutto di gruppi socialmente ed epistemologicamente marginali, ma al contrario, come dimostra anche questo paper come al centro del dibattito intellettuale e mediatico italiano. La metodologia è qualitativa, basata sull’analisi del discorso e sul ragionamento induttivo.
Abstract 2
Anno zero. Il “grande reset” e la teoria complottista dei cicli temporali
Nicola Pannofino - Università Pegaso di Napoli
Davide Pellegrino - Università di Torino
Le teorie della cospirazione stabiliscono un rapporto costitutivo con la dimensione del tempo: per un verso, queste teorie emergono e circolano soprattutto nei periodi storici di cambiamento, per l’altro tentano di rispondere alle incertezze che tali periodi ingenerano a livello individuale e sociale (van Prooijen e Douglas 2017), risultando particolarmente persuasive per chi ha un atteggiamento fatalista rispetto al futuro (Zajenkowski et al. 2022). Uno degli esempi più eloquenti e influenti di narrazione complottista incentrata sulla temporalità è offerto dalla teoria del great reset - il grande “ripristino” o “azzeramento” -, termine introdotto nel 2021 durante il World Economic Forum di Davos per indicare un programma di trasformazione politica e socio-economica con cui fronteggiare le conseguenze della pandemia da Covid-19. Questo programma è riletto dai teorici della cospirazione come strategia per realizzare su scala globale un governo totalitario volto al controllo della popolazione, giustificato dallo stato di emergenza sanitaria (Roth 2021; Van der Tak e Harambam 2024).
La tesi del grande ripristino trova largo impiego nel milieu complottista, secondo cui quello annunciato a Davos sarebbe solo l’ultimo di ripetuti reset messi in atto ciclicamente - ma espunti dalla storiografia ufficiale - da un’élite di potere per indirizzare il corso degli eventi nei secoli. Questa tesi si ritrova anche nelle narrazioni dei portavoce dei partiti populisti, particolarmente in chiave di salvaguardia dei diritti democratici che si ritiene siano stati messi in discussione nella fase di gestione dell’emergenza pandemica. Ma si ritrova, in alcuni casi, anche nelle narrazioni di importanti attori della propaganda nazionalista russa con la funzione di delegittimare le élite degli stati espressione dell’attuale ordine internazionale e prospettare la possibilità di realizzare un ordine nuovo, con nuove potenze egemoni. Non solo per questi aspetti, le teorie del complotto hanno una rilevanza politica molto forte. Infatti, esse possono diventare efficaci forme d’espressione di carattere culturale per diffusi problemi sociali. In quanto canali espressivi riescono a dare agevolmente voce a sentimenti riconducibili al disagio sociale interiorizzato dagli individui. In particolare, al tempo del disagio che stanno vivendo. L’uso delle narrazioni complottiste, e quella del great reset è un esempio paradigmatico, conferma una linea di tendenza particolarmente accentuata ma soprattutto acquista rilevanza per l’indagine sociologica nella misura in cui si tenga conto che tali formazioni discorsive germogliano e si diffondono al tempo della profonda crisi epistemica in cui si trovano le società contemporanee (Christensen e Au 2023) e che naturalmente investe gli individui nella loro quotidianità.
L’intervento si propone di analizzare la comunicazione sui social media riguardante la teoria del grande reset, con speciale attenzione al forum di Reddit, ad alcuni canali YouTube e gruppi Telegram, tre fra le piattaforme che maggiormente contribuiscono alla circolazione delle odierne teorie del complotto. L’analisi testuale del materiale selezionato evidenzia come il discorso complottista veicoli credenze, paure e attese improntate a una concezione del tempo di tipo implicitamente o esplicitamente millenaristico (Barkun 2003). Tra le diverse comunità online si costruisce in modo interattivo e condiviso uno storytelling seriale che articola l’interpretazione e la memoria collettiva degli utenti attorno a uno schema narrativo incentrato sul topos del “declino” (Gergen e Gergen 1984; Zerubavel 2003). Questa narrazione, che riflette e alimenta l’immaginario della fine dei tempi proprio della cultura popolare contemporanea (Albrecht e Sturm 2024), prefigura uno scenario di decadenza marcato da imminenti cambiamenti catastrofici per l’umanità. La teoria del grande reset si inscrive nella più generale visione cospirativa per la quale è in atto la transizione epocale verso una futura società distopica, secondo un piano segreto finalizzato a instaurare un “nuovo ordine mondiale” (Spark 2000).
Abstract 3
Conspiritualità: La costruzione sociale e discorsiva della conoscenza stigmatizzata nel campo spirituale e religioso italiano
Marco Castagnetto
Matteo Di Placido
Le teorie del complotto stanno progressivamente muovendo dalla periferia epistemica della comunicazione al suo mainstream, imponendo riflessioni sul loro impatto sociale all’intersezione tra il ruolo delle istituzioni pubbliche e la gestione dei flussi comunicativi nella sfera digitale, la relazione tra informazione e disinformazione nonché i confini porosi tra l’online – dove le teorie del complotto prosperano – e l’offline. Questo processo è in larga parte il risultato di fattori interconnessi, tra cui la presenza pervasiva di Internet e la crescente sfiducia nei confronti delle autorità tradizionali; le teorie del complotto, infatti, non sono più confinate ai margini del sociale, ma hanno guadagnato visibilità e legittimità nel discorso pubblico, rappresentando una sfida – ancora in gran parte tutta da decifrare – per le istituzioni educative, il mondo dei media – sia tradizionali che social – e naturalmente per gli attori sociali che, a diverso titolo (e.g., producers, carriers e/o consumers), prendono parte a questo processo.
Sulla scorta di Michael Barkun (2013), le teorie del complotto possono essere interpretate come “conoscenza stigmatizzata”, ovvero quelle forme di sapere – o meglio affermazioni di conoscenza – che non sono accettate dalle istituzioni alle quali le società – tradizionalmente – si affidano per la convalida della verità. Attraverso questa lente ermeneutica, esploreremo il fenomeno della cospiritualità – l'adozione, l'adattamento e l'uso strategico del pensiero cospirazionista all'interno del campo religioso e spirituale – come un concetto sociologico emergente coniato per affrontare le profonde ripercussioni sulla costruzione sociale e discorsiva di ciò che conta come conoscenza stigmatizzata e/o legittima in riferimento al sacro. Da un lato, le costruzioni sociali e discorsive che sottendono alle teorie del complotto sono stigmatizzate dai paradigmi considerati più autorevoli all’interno del frame epistemico dell’Italia contemporanea, ancora largamente basato su istituzioni tradizionali. Dall’altro lato, questi stessi paradigmi dominanti sono però percepiti come parziali, e quindi a loro volta stigmatizzati, dalla prospettiva emica di chi crede in alcune forme di conspiritualità. Secondo questa prospettiva, le narrative e i sistemi di conoscenza mainstream sarebbero manchevoli, fuorvianti e deliberatamente orchestrati per sopprimere punti di vista alternativi, in una dialettica di delegittimazione reciproca.
In secondo luogo, partendo dal caso studio dello yoga in Italia – inteso come esempio paradigmatico degli sviluppi contemporanei del campo spirituale e religioso italiano – esploriamo il modo in cui le principali istituzioni di yoga in Italia, le scuole più affermate e i loro praticanti posizionano le loro rivendicazioni – riguardanti salute, sacro e cura del corpo – in riferimento alle più ampie tendenze scientiste delle società pluralizzate, al ruolo ancora influente della Chiesa cattolica e a una varietà di spiritualità nuove e/o alternative. Attraverso questa analisi mostreremo quindi alcune delle tensioni esistenti tra diverse visioni di cosa sia lo yoga – e a che cosa serva – e di come queste, di volta in volta, possano essere considerate come conoscenza stigmatizzata o socialmente riconosciuta a seconda del posizionamento degli attori sociali presi in considerazione.