Panel precostituito
Organizzazione del tempo e pratiche di consumo nell’epoca dell’accelerazione sociale. Criticità e possibili traiettorie di trasformazione.
Nota introduttiva
La logica dell’accelerazione sociale pervade vita e strutture temporali della società moderna (Rosa 2015). Le tecnologie di produzione e comunicazione hanno spinto gli individui ad adottare delle logiche di governo della propria vita basate su “efficienza” e “risparmio del tempo” e la già nota fusione tra pratiche di lavoro e consumo espone gli individui a nuove forme di alienazione sociale. Tentativi di reazione sociale contrari all’imperativo della performance sono ormai visibili e riguardano la messa in discussione di stili di vita (e di lavoro) opprimenti anziché espressivi delle necessità individuali, come ben riassunto in ambito lavorativo dal fenomeno delle “grandi dimissioni” (Coin 2023).
Globalizzazione, digitalizzazione e insostenibilità ambientale e sociale, associati alle crescenti disuguaglianze, rendono l’epoca contemporanea critica sotto vari aspetti. La logica del consumo produttivo è entrata in crisi perché spesso è dominata dall’imperativo della performance, nonostante inizino a diffondersi pratiche alternative e sostenibili, rese possibili anche dall’accesso alle piattaforme digitali. Ponendo l’enfasi su note dicotomie quali fast/slow, convenience/care, cultura materiale/ambienti digitali, i contributi del panel esplorano possibilità di sintesi proponendo un superamento di posizioni opposte. Partendo da contesti e oggetti di studio diversi – le piattaforme, il cibo e gli oggetti di consumo – il panel Organizzazione del tempo e pratiche di consumo nell’epoca dell’accelerazione sociale. Criticità e possibili traiettorie di trasformazione riesce a cogliere le varie sfaccettature delle strutture temporali contemporanee che collegano, per richiamare ancora Rosa (2015), il microcosmo individuale al macrocosmo sociale.
Oltre a rimettere in discussione categorie sociali note nella letteratura accademica, gli abstract proposti nel panel si interrogano sulle conseguenze sociali riconducibili alle pratiche di consumo digitale, ai sistemi alimentari (produzione, distribuzione e consumo), alle pratiche di costruzione del gusto alimentare e alla funzione della cultura materiale nella definizione delle memorie di famiglia.
Proprio come forma di contrapposizione alla logica dominante della performance, le pratiche di consumo sostenibili possono trovare spazio in ambito digitale. Sono sempre più presenti nel dibattito pubblico critiche serrate alla società dei consumi, così come si è evoluta in Italia dal periodo del boom economico fino ad oggi. Meno chiare sembrano invece essere le soluzioni per ripensare ambiguità e opportunità insite in un progressivo allargamento del benessere materiale, che ha posto la “crescita” come unico obiettivo economico e sociale da perseguire. Si rinnova oggi la necessità di riflettere su pratiche innovative di consumo nate in risposta a un contesto economico e sociale contemporaneo che potrebbe essere foriero di una svolta culturale della società dei consumi nella quale benessere e felicità siano (anche) sinonimo di fiducia, sostenibilità e giustizia sociale (Paltrinieri 2021).
Nei prossimi anni, la crisi climatica e l’incessante innovazione tecnologica potrebbero provocare delle ripercussioni maggiormente evidenti su stile di vita e pratiche di consumo con potenziale capacità di adattamento delle classi sociali ampiamente diversificato. Riprendendo Paltrinieri (2021), ripensare la società dei consumi significa incorporare considerazioni di tipo politico in aspirazioni di benessere e felicità individuale. Nella logica performativa e dell’accelerazione sociale, come si sta riconfigurando la cultura del consumo? Il panel discute orientamenti attuali e possibili conseguenze sociali nella vita quotidiana considerando le dimensioni temporali del vivere moderno (stream III).
Riferimenti bibliografici
Coin F. (2023). Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita. Einaudi, Torino.
Rosa H. (2015). Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità. Einaudi, Torino.
Paltrinieri R. (2021). Felicità responsabile. Il consumo oltre la società dei consumi. FrancoAngeli, Milano.
Il Paradosso del Working Consumer, ritardo culturale e distruzione creatrice nella società accelerata delle piattaforme
Piergiorgio Degli Esposti, Università di Bologna
Abstract
L’accelerazione dei ritmi di vita, tratto distintivo della modernità avanzata, ha determinato una trasformazione del consumo, rendendolo un processo sempre più rapido, automatizzato ed efficiente, e ridefinendo, di conseguenza, la relazione tra produzione e fruizione. Muovendo dal modello della McDonaldizzazione teorizzato da George Ritzer (2010) - fondato sui principi di efficienza, calcolabilità e prevedibilità applicati al consumo di massa - si assiste oggi a una sua ulteriore radicalizzazione all’interno della platform society (Srnicek, 2016). In tale contesto, il consumatore assume anche il ruolo di lavoratore (working consumer), contribuendo inconsapevolmente alla generazione di valore attraverso la propria attività online, la produzione di contenuti e la fornitura di dati.
Questa logica del consumo produttivo estende i meccanismi di sfruttamento oltre la tradizionale sfera lavorativa, coinvolgendo gli individui in forme di lavoro non riconosciuto e non retribuito. Tale dinamica alimenta l’insostenibilità di un modello economico fondato esclusivamente sulla velocità e sull’efficienza, contribuendo alla crescente precarizzazione dell’esperienza sociale. L’accelerazione descritta da Hartmut Rosa (2013) non solo intensifica il consumo, ma innesca un circolo vizioso in cui il tempo diviene una risorsa sempre più scarsa, ostacolando processi di riflessione critica e consolidando forme di alienazione e perdita di autonomia individuale e collettiva.
Questa traiettoria si colloca nella tensione tra distruzione creatrice (Schumpeter, 1942) e ritardo culturale (Ogburn, 1922): mentre l’innovazione tecnologica procede a un ritmo incessante, le strutture sociali e normative non riescono ad adeguarsi con la stessa rapidità, generando disuguaglianze, precarietà e nuove forme di insicurezza. L’ossessione contemporanea per la velocità e l’efficienza rivela dunque i propri limiti strutturali, evidenziando la necessità di modelli alternativi di sviluppo e consumo più sostenibili, capaci di restituire centralità alla lentezza quale spazio di autonomia, consapevolezza e resistenza.
Il presente contributo si propone di analizzare, attraverso alcuni casi empirici, le criticità di questo modello di produzione e consumo, mettendo in luce le forme di disuguaglianza che ne derivano e le possibili traiettorie di trasformazione verso un sistema più equo e sostenibile.
Riferimenti bibliografici
Ogburn, W. F. (1922). Social Change with Respect to Culture and Original Nature. Viking Press.
Ritzer G.; Degli Esposti P. (2021). The Increasing and Invisible Impact of the Working Consumer on Paid Work, in: The Future of Work, Zurich and Geneva, Seismo Press, Social sciences and social issues AG, 2021, pp. 75 – 9
Ritzer, G., & Jurgenson, N. (2010). Production, Consumption, Prosumption: The Nature of Capitalism in the Age of the Digital Prosumer. Journal of Consumer Culture, 10 (1), 13-36.
Rosa, H. (2013), Beschleunigung und Entfremdung: Entwurf einer kritischen Theorie spätmoderner Zeitlichkeit. Suhrkamp. (Trad. it.: Accelerazione e alienazione. Verso una teoria critica del tempo nella tarda modernità, Einaudi, 2015).
Scholz, T. (2017). Uberworked and Underpaid: How Workers Are Disrupting the Digital Economy. Polity Press.
Schumpeter, J. A. (1942). Capitalism, Socialism and Democracy Harper & Brothers. (Trad. it.: Capitalismo, socialismo e democrazia, ETAS, 2001).
Srnicek, N. (2016). Platform Capitalism. Polity Press. (Trad. it.: Capitalismo delle piattaforme, Edizioni Tlon, 2019).
Zwick, D., Bonsu, S. K., & Darmody, A. (2008). Putting Consumers to Work: ‘Co-Creation’ and New Marketing Govern-Mentality. Journal of Consumer Culture, 8 (2), 163-196.
Trame di famiglia: il ruolo delle pratiche di consumo nel kinkeeping
Stefania Fragapane (Università Mercatorum)
Ariela Mortara (Università IULM)
Geraldina Roberta (Sapienza Università di Roma)
Abstract
In un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti sociali, mobilità geografica e mutamenti nei modelli familiari, la figura del kinkeeper, definito da Hornstra e Ivanova (2023, p. 367) come “a person who takes on the task of connecting family members, managing rela2onships on behalf of the familial household, and facilitating ties that have become disrupted”, assume una particolare rilevanza come mediatore che non solo facilita la comunicazione tra i membri della famiglia e mantiene vive la memoria e le tradizioni, ma svolge anche un ruolo cruciale nel garantire la solidarietà e il supporto reciproco.
In tale prospettiva, i kinkeepers contribuiscono a rinsaldare il legame tra le diverse generazioni, facilitando la condivisione di conoscenze, tradizioni e valori culturali che altrimenti, in un contesto in cui le famiglie sono sempre più nucleari e geograficamente disperse, potrebbero andare persi.
La letteratura (Barnwell, 2022; Leopold et al., 2024) mette in evidenza come, tradizionalmente, siano le donne le principali custodi dei legami del gruppo, fonte di conoscenza sulle storie e le memorie familiari, ma anche figure centrali nell’organizzazione di incontri e riunioni che coinvolgono la famiglia estesa. Ricerche recenti (Leopold et al., 2024) hanno confermato che, ampliando l’analisi delle relazioni familiari oltre il legame tra genitori e figli, emergono significative differenze in base alle linee di parentela: i parenti materni hanno, in media, maggiori probabilità di essere parte di reti familiari significative rispetto a quelli paterni.
Un aspetto sorprendentemente poco indagato in letteratura è il ruolo ricoperto dalle pratiche e dai prodotti di consumo nelle dinamiche del kinkeeping, una lacuna che non permette di comprendere a fondo come le esperienze condivise, i rituali, ma anche gli oggetti di consumo possano giocare un ruolo rilevante nel rafforzare la memoria (Hoskins, 1998) e la coesione familiare, ad esempio facilitando la trasmissione della storia della famiglia tra le generazioni (Troll, 1994), o rafforzando i legami affettivi tra i suoi membri.
In tale prospettiva, il contributo proposto presenta i dati preliminari di una ricerca qualitativa volta a comprendere il ruolo degli oggetti e delle pratiche di consumo nel supportare l’attività di kinkeeping, così da identificare le prassi più significative e diffuse. Il progetto si propone, inoltre, di analizzare come tali esperienze contribuiscano alla costruzione e al mantenimento dell’identità familiare, dei legami intergenerazionali e della memoria condivisa.
Da un punto di vista metodologico, i ricercatori hanno previsto di utilizzare lo strumento dell’intervista semistrutturata da somministrare a un campione composto da 30 diadi familiari (ciascuna comprendente un/una giovane tra i 18 e i 24 anni e un soggetto da lui/lei indicato come kinkeeper familiare). Per garantire una rappresentazione più diversificata sotto il profilo culturale e sociale, si è deciso di distribuire gli intervistati/e fra tre aree geografiche (Nord, Centro e Sud Italia), anche con l’obiettivo di comprendere se i diversi contesti possano influenzare le attività di kinkeeping e il ruolo specifico ricoperto dagli oggetti di consumo nell’ambito di tali dinamiche.
Riferimenti bibliografici
Barnwell, A. (2022). “Aunting as family shadow-work”, Journal of Family History, 47(3), pp.317-33.
Hornstra, M. and Ivanova, K. (2023), “Kinkeeping across families: The central role of mothers and stepmothers in the facilitation of adult intergenerational ties”, Sex Roles, 88(7), pp.367-382.
Hoskins, J. (1998), Biographical Objects: How Things Tell the Stories of People's Lives. Routledge.
Leopold, T., Raab, M., Becker, C.C., Buyukkececi, Z. and Çineli, B. (2024). Mapping modern kinship networks: First results from the KINMATRIX survey. Journal of Marriage and Family, DOI: 10.1111/jomf.13049.
Troll, L. E. (1994). "Family Issues in Intergenerational Linking." Generations, 18(4), 48-52
Dal campo allo schermo: apprendimento e attivismo alimentare nell'era digitale
Francesca Forno, Università di Trento
Abstract
Negli ultimi anni, il dibattito sulle Reti Alimentari Alternative (AFNs) ha visto una crescente attenzione verso l’innovazione digitale come strumento per promuovere pratiche alimentari più sostenibili (Bos & Owen, 2016; Cuy, 2014; Schneider, 2019). Se inizialmente la ricerca si è focalizzata sulle opportunità offerte dalle nuove tecnologie ai piccoli produttori, studi recenti hanno esplorato il potenziale delle piattaforme digitali non solo come alternativa ai canali di distribuzione dominati dalle filiere globali, ma anche come spazio di coinvolgimento civico e attivismo alimentare (De Bernardi, 2019; Dal Gobbo et al. 2022). Tuttavia, resta ancora da comprendere in che misura queste innovazioni possano effettivamente contribuire alla transizione verso sistemi alimentari più sostenibili e resilienti. Questo contributo si inserisce in questo dibattito, approfondendo il ruolo della digitalizzazione nei processi di apprendimento e partecipazione all’interno delle AFNs. Basandosi su 83 interviste in profondità condotte in Irlanda, Germania e Italia, lo studio confronta le dinamiche di apprendimento e coinvolgimento nei diversi contesti fisici e digitali delle AFNs, con particolare attenzione al principio del “learning by doing”. Le evidenze mostrano che le AFNs non si limitano a fornire canali alternativi di approvvigionamento, ma creano anche spazi di socializzazione e apprendimento collettivo, in cui i consumatori sviluppano una maggiore consapevolezza critica sugli impatti ambientali e sociali delle loro scelte alimentari (Brunori et al., 2012; Etmanski, 2017; Savarese, et al. 2020). Attraverso questa analisi, il contributo esplora come le piattaforme digitali trasformano l’impegno dei consumatori, ridefinendo i meccanismi di apprendimento e coinvolgimento nelle pratiche alimentari alternative. In un contesto segnato dalle crisi climatiche, sanitarie ed economiche, comprendere le potenzialità e i limiti della digitalizzazione nelle AFNs è cruciale per valutare il loro ruolo nella costruzione di modelli di consumo più sostenibili e inclusivi.
Riferimenti bibliografici
Brunori, G., Rossi, A., & Guidi, F. (2012) On the New Social Relations around and beyond Food. Analysing Consumers Role and Action in Gruppi di Acquisto Solidale (Solidarity Purchasing Groups), Sociologia Ruralis, 52(1), pp. 1–30. doi: 10.1111/j.1467-9523.2011.00552.x.
Bos, E., & Owen, L., (2016). Virtual reconnection: the online spaces of alternative food networks in England. J. Rural Stud. 45, 1–14. https://doi.org/10.1016/j.jrurstud.2016.02.016
Cui, Y. (2014). Examining farmers markets’ usage of social media: an investigation of a farmers market Facebook page. Journal of Agriculture, Food Systems, and Community Development 5, 87–103. https://doi.org/10.5304/jafscd.2014.051.008
Dal Gobbo, A., Forno, F., Magnani, N., (2022). Making “good food” more practicable? The reconfiguration of alternative food provisioning in the online world. Sustain. Prod. Consum. 29, 862–871. https://doi.org/10.1016/j.spc.2021.07.023
De Bernardi, P., Bertello, A. and Venuti, F. (2019) Online and on-site interactions within alternative food networks: Sustainability impact of knowledge-sharing practices, Sustainability (Switzerland), 11(5), p. 1457. doi: 10.3390/su11051457.
Etmanski, C., & Kajzer Mitchell, I. (2017). Adult learning in alternative food networks. New Directions for Adult and Continuing Education, 2017(153), 41–52. https://doi.org/10.1002/ace.20220
Savarese, M., Chamberlain, K. and Graffgna, G. (2020) Co-creating value in sustainable and alternative food networks: The case of community supported agriculture in New Zealand, Sustainability (Switzerland), 12(3). doi: 10.3390/su12031252.
Schneider, T., Eli, K., Dolan, C. & Ulijaszek, S. (eds.) (2019). Digital Food.
La temporalità come antinomia del gusto nei consumi alimentari.
Evoluzione fatalistica dei dilemmi gustativi e polarizzazione delle scelte nei foodscape del rischio alimentare totale
Maria Giovanna Onorati, Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo
Abstract
Nell’ambito dei consumi alimentari, la temporalità rappresenta una dimensione cruciale che modella le abitudini di consumo e orienta gli stili dietetici e le preferenze, sia sotto il profilo pratico che valoriale. Essa si manifesta nel dilemma che Warde (1997) ha annoverato tra le antinomie fondamentali del gusto, ovvero care/convenience, traducibile, seppur in modo imperfetto, come “cura” e “praticità”.
Nel processo di modernizzazione dei sistemi alimentari, il modello della “cura”, fondato sull’attenzione ai dettagli e sulla dedizione alla qualità, e il relativo investimento di tempo, ha progressivamente ceduto il passo al paradigma della “praticità”. Quest’ultimo, privilegiando facilità, accessibilità ed efficienza, ha favorito la diffusione di stili alimentari allineati al modello della McDonaldizzazione (Ritzer, 1993), basato su standardizzazione, calcolabilità e scalabilità, contribuendo all’accelerazione della globalizzazione delle filiere alimentari, con tutte le implicazioni e i rischi conseguenti.
Sebbene il polo della “convenience” non abbia mai goduto della stessa fiducia quasi-meccanica accordata alla “cura”, è quello che nel tempo si è affermato, permettendo ai foodscapes della tardo-modernità di de-tradizionalizzarsi e assumere una connotazione neofilica, orientata all’esplorazione gastronomica e a stili di consumo caratterizzati da una crescente individualizzazione del gusto, progressivamente tradottasi in una forte diversificazione degli stili dietetici.La digitalizzazione delle culture alimentari (Lupton – Feldmann, 2018), in particolare quella delle comunità digitali diet/etiche, ha accentuato questo processo attraverso un’inedita combinazione di frammentarietà temporale e informazionale, immediatezza e, al contempo, una straordinaria capacità di incorporare nel tempo dell’esperienza individuale una riflessività del tempo glaciale (Lash – Urry, 2002), alimentando una crescente domanda di cibo sostenibile. Questo fenomeno ha contribuito alla nascita di quella che, in linea con Beck (2000), può essere definita una riflessività gastronomica del rischio globale, che, a partire dal 2020, si è trasformata in riflessività gastronomica del rischio totale.
Le etiche del cibo hanno dunque progressivamente abbandonato gli scenari anomici ad alto rischio, orientandosi verso contesti caratterizzati da elevata regolamentazione sociale, in cui le policies del cibo hanno acquisito centralità (basti pensare al proliferare delle certificazioni), la domanda di diversificazione alimentare si è trasformata in domanda di tipizzazione, e la necessità di rassicurazione ha prevalso su quella di esplorazione. L’antinomia originaria della temporalità (cura/praticità) ha assunto nuove configurazioni, evolvendo in dilemmi sempre più fatalistici, come “sicurezza e rischio”, o più essenzializzanti e dogmatici, come “autentico e falso”, in cui la fiducia del consumatore diviene facilmente preda di euristiche fuorvianti (ad es. l’etichetta).
Questa forma di consumo fatalistico ha portato la comunità di destino, a cui la domanda di consumo alimentare tende ad aggrapparsi in periodi di crisi, a polarizzarsi tra due scenari: uno caratterizzato da neo-fobica ri-tradizionalizzazione, in cui concetti come “autentico”, “origine” e “identità”, così come tutte le declinazioni del “naturale”, sono diventati metonimie di qualità e sicurezza e in cui le euristiche dell’immediatezza favorite dai media digitali hanno un ruolo; l’altro segnato una domanda di innovazione e neo-personalizzazione radicalmente orientata al futuro, in cui novel food e tecnologie (tutte) rappresentano la chiave imprescindibile per garantire la sostenibilità dei sistemi alimentari.Esempi di recenti ricerche condotte sia negli ambienti digitali che nei contesti offline del consumo, ormai inscindibili, evidenziano come l’evolversi della strutturazione temporale del gusto in senso fatalistico stia plasmando la dialettica delle scelte alimentari, contribuendo più alla loro polarizzazione che alla sintesi, e ponendoci di fronte al grande interrogativo su quale dei due scenari le attuali tecnologie digitali tenderanno a favorire.
Riferimenti bibliografici
Beck U., 2000 [1986], La società globale del rischio, Roma: Carocci.
Lash S., Urry J., 2002 [1994], Economies of Signs and Space, London, Thousand Oaks, New Dheli: SAGE.
Lupton, D., and Feldman, Z. (eds.) (2020). Digital Food Cultures. London: Routledge.
Ritzer, G. (1998). The McDonaldization Thesis. Explorations and Extensions. London; Thousand Oaks: SAGE.
Warde, A., 1997. Consumption, Food & Taste. London, thousand Oak: SAGE.