I cambiamenti culturali e le crisi della società contemporanea hanno portato gli individui a mettere in discussione il rapporto con uno dei pilastri sui quali le società capitalistiche occidentali tardo moderne hanno fondato il loro impianto economico, sociale, culturale e tecnologico: la digitalizzazione.
Alcuni autori evidenziano una trasformazione sociale e culturale in atto che si basa sulla messa in discussione della normalizzazione della digitalizzazione (Kuntsman & Miyake, 2019; Andersson et al., 2021). Ciò ha gettato i presupposti per la configurazione di una post-digital era (Pepperell & Punt, 2000; Cramer, 2015; Andersson, 2016) caratterizzata da un bisogno di rallentamento anche dei ritmi e dei tempi di vita connessi, che non è più esclusivo appannaggio di alcuni gruppi sociali (es. gli hipster).
È in questo scenario di profondi cambiamenti che si affermano pratiche come la disconnessione digitale, che si configurano come un vero e proprio cambiamento culturale.
La digital disconnection può essere intesa come “qualsiasi tipo di non utilizzo, temporaneo o indefinito, (dei digital media) a condizione che tale non utilizzo avvenga con il consenso dell'agente che si disconnette” (Bagger, 2024, p. 113).
Se da un lato gli studi nel settore della digital disconnection evidenziano come la disconnessione sia una risposta ai contraccolpi generati dalla digitalizzazione (Albris et al., 2024), dall’altro sottolineano le ambiguità, le ambivalenze, le diseguaglianze e i paradossi che rendono sfidante le pratiche di disconnessione digitale e di “digital detox” nel presente (Kuntsman & Miyake, 2019). La disconnessione è infatti un processo flessibile nel quale la decisione di disconnettersi può essere ambivalente (Kania-Lundholm, 2021), perché non dipende mai completamente solo dall’esercizio di agency degli utenti (Kuntsman & Miyake, 2019:910).
Per tale ragione, la digital disconnection presenta dei lati oscuri in parte connessi alle situazioni, non solo di carattere macrosociale (Trerè et al., 2020), nelle quali la disconnessione digitale viene esercitata e che meritano di essere indagati.
Partendo da questi presupposti, il panel si propone di proseguire anche nel contesto italiano riflessioni sviluppate (anche dagli stessi autori coinvolti) nel contesto europeo, mirando a rappresentare un momento di consolidamento degli studi italiani sulla digital disconnection. Tali riflessioni intersecano in modo significativo le tematiche della temporalità e della crisi, con riferimento specifico alla dimensione temporale della vita quotidiana. Se, infatti, alla crescente digitalizzazione sono associate forme di accelerazione di molte delle pratiche quotidiane, la digital disconnection si pone come un momento di riorganizzazione (quando non di rallentamento) della struttura temporale delle nostre vite.
In particolare, il contributo di apertura, “Un’agenda di ricerca per gli studi sulla disconnessione: lezioni fondamentali, sfide e direzioni future”, tratteggia lo stato dell’arte del campo di studi, proponendo, in un’ottica anche critica, le più rilevanti questioni di ricerca da affrontare nel prossimo futuro. Il secondo contributo, “Ricalibrare il proprio tempo attraverso la disconnessione: una strategia alla portata di tutti?”, contestualizza gli studi sulla disconnessione nell’ambito della riflessione sui tempi della vita quotidiana. Al rapporto tra disconnessione e temporalità nella vita quotidiana è dedicato anche il terzo contributo, “Pressione temporale e pratiche di disconnessione. Per una fenomenologia della digital disconnection in Italia, tra vecchie e nuove disuguaglianze”, che presenta i risultati di una ricerca condotta con tecnica CAWI su campione rappresentativo della popolazione internet italiana, contestualizzandoli nell’ambito di una riflessione sulle diseguaglianze. Infine, il quarto contributo, “Il lato oscuro della disconnessione digitale: il ruolo del tempo nella gestione delle pratiche di digital detox da parte di giovani utenti”, propone un’analisi situazionale della disconnessione digitale, riflettendo sul ruolo che la variabile tempo esercita nelle pratiche di disconnessione digitale.
Contributo 1: Un'agenda di ricerca per gli studi sulla disconnessione: lezioni fondamentali, sfide e direzioni future
Emiliano Treré, Universitat de València (Spagna) e Cardiff University (Regno Unito)
Questo contributo si propone di analizzare le principali lezioni emerse dagli studi sulla disconnessione digitale nell’ultimo decennio, evidenziandone le sfide, i limiti e le direzioni future. Attraverso un approccio critico, vengono esplorate le implicazioni sociali, politiche e culturali della disconnessione, con particolare attenzione alle sue pratiche, disuguaglianze e connessioni interdisciplinari. Negli ultimi 10-15 anni, gli studi sulla disconnessione digitale si sono evoluti da un campo emergente e dirompente a un'area più consolidata all'interno della ricerca sui media digitali, con un'attenzione alle dimensioni sociali, politiche e culturali del rifiuto, della resistenza e della negoziazione della connettività digitale. Anche se diverse valide revisioni della letteratura hanno già mappato il campo (es. Nassen et al., 2023; Altmaier et al., 2024), questo contributo mira a sviluppare un'analisi critica e approfondita su alcuni dei temi più urgenti del settore, facendo il punto sulle lezioni apprese e delineando un'agenda per la ricerca futura.
In primo luogo, la ricerca su resistenza e attivismo ha dimostrato che la disconnessione digitale non è semplicemente una scelta individuale, ma spesso una strategia organizzata e collettiva. Dai movimenti che promuovono il "digital detox" alle pratiche di rifiuto dei media digitali da parte degli attivisti che cercano di sfuggire al capitalismo della sorveglianza, la disconnessione è stata concettualizzata come una forma di resistenza politica e sociale (Kaun & Treré, 2020; Jurgenson, 2013). Tuttavia, l'interazione tra disconnessione digitale e attivismo rimane un dibattito in evoluzione, richiedendo ulteriori indagini sulle tensioni tra resistenza e partecipazione alle infrastrutture digitali.
In secondo luogo, gli studiosi hanno esaminato la disconnessione come repertorio di pratiche incorporate in diverse ecologie mediali (Wilcockson et al., 2019; Syvertsen, 2020). Il modo in cui le persone si impegnano nella disconnessione è altamente contestuale, modellato dalle affordance dei dispositivi digitali, delle piattaforme e delle infrastrutture. Ad esempio, gli studi sulla disconnessione dagli smartphone evidenziano come gli individui si scollegano selettivamente pur rimanendo immersi in ecosistemi digitali più ampi. Ciò evidenzia la necessità di analisi più sfumate su come la disconnessione interagisce con forme ibride e fluide di coinvolgimento mediatico.
In terzo luogo, la ricerca ha sempre più evidenziato le disuguaglianze e i privilegi insiti nella disconnessione digitale (Selwyn & Pangrazio, 2018; Light, 2014; Treré, 2021). Mentre gli individui benestanti possono abbracciare la disconnessione volontaria come un lusso, le comunità marginalizzate spesso sperimentano la disconnessione involontaria a causa di vincoli infrastrutturali, economici o politici. Gli studi futuri dovrebbero esplorare ulteriormente come classe sociale, razza, genere e geografia mediano l'accesso alla disconnessione, evitando la generalizzazione eccessiva dei discorsi sul digital detox.
In quarto luogo, gli studi sulla disconnessione devono approfondire le loro connessioni interdisciplinari con campi adiacenti, come gli studi sulle infrastrutture critiche, gli studi sulle piattaforme e l'economia politica. Collegare la disconnessione alla ricerca sulla data justice, sulla governance delle piattaforme e sulla cultura algoritmica può fornire nuove intuizioni sulle implicazioni del rifiuto della connettività in un mondo datificato (Lomborg, 2020; Madianou, 2024).
Infine, eventi dirompenti e contingenze, come la pandemia di COVID-19, hanno profondamente ridefinito il panorama della disconnessione digitale (Treré, 2021; Nguyen et al., 2020; Vlachantoni et al., 2023). Mentre i dibattiti pre-pandemia inquadravano spesso la disconnessione come una scelta personale, la crisi ha evidenziato le dipendenze infrastrutturali che rendono la disconnessione sempre più difficile, se non impossibile. La ricerca futura dovrà considerare come le crisi ricalibrano l'impegno e la disconnessione digitale, rivelando nuove vulnerabilità e rafforzando le disuguaglianze digitali esistenti.
Queste riflessioni suggeriscono che gli studi sulla disconnessione debbano superare le semplicistiche opposizioni tra connessione e disconnessione, adottando prospettive più articolate e contestualizzate. Per avanzare nel campo, sarà essenziale un dialogo interdisciplinare capace di affrontare le lacune della ricerca attuale e di stimolare nuove direzioni teoriche e metodologiche.
Contributo 2: Ricalibrare il proprio tempo attraverso la disconnessione: una strategia alla portata di tutti?
Leonardo Bindi, Università degli Studi di Siena
In una contemporaneità caratterizzata dall'accelerazione e dalla frammentazione temporale, questo contributo analizza la disconnessione digitale come risposta critica alla mediatizzazione (Couldry e Hepp, 2013) della vita quotidiana. Come evidenzia Christoffer Bagger (2024), parallelamente all’ascesa della Platform Society (van Dijck et al., 2018), si è assistito ad un crescente interesse nel resistere o rifiutare l'uso delle tecnologie digitali. Definire il termine “disconnessione digitale” si rivela però un compito complesso. La letteratura ha affrontato questa sfida da diverse prospettive, concentrandosi sulla definizione di tipologie e oggetti di disconnessione (Altmaier et al., 2023), sulla mappatura degli studi sulla disconnessione (Pasquali et al., 2023) e sulla genealogia di questo concetto nell’ambito dei media studies (Moe e Madison, 2021). Questo contributo adotta quindi una definizione di disconnessione come “risposta critica alle condizioni mediatiche che caratterizzano le nostre società e permeano la nostra quotidianità” (Lomborg e Ytre - Arne, 2021, p. 1530).
Tra queste pratiche di disconnessione esistono diverse sfumature. La disconnessione, intesa come “politica di lifestyle” (Kaun e Trerè, 2018), cerca quindi di presentarsi come una risposta critica alle sfide della contemporaneità, attraverso una serie di pratiche estremamente individualizzanti e caratterizzate da una retorica influenzata da una ricerca dell’autenticità personale.
Tuttavia, in un’epoca in cui la disconnessione non è semplicemente un lusso ma anche un obbligo (Fast, 2021), è necessario evidenziare le possibili criticità e le eventuali contraddizioni di questi comportamenti di “vistoso non – consumo” (Portwood – Stacer, 2013). Come notano Bozan e Treré (2024), nel corso degli ultimi anni le logiche capitalistiche hanno portato la maggioranza delle pratiche di disconnessione a subire un processo di mercificazione: in particolare, i prodotti e i servizi per la disconnessione progettati per favorire l'autocontrollo nella gestione del tempo. All’interno di un’ottica neoliberista i risultati attesi della disconnessione, come ad esempio il well – being o la gestione del sé e del proprio tempo (Jorge, 2022), rappresentano un prerequisito della produttività. Tale mercificazione, tuttavia, presenta una serie di interrogativi riguardo l'autenticità e l'efficacia di tali pratiche. Il rischio, infatti, è quello di trasformare la disconnessione da strumento di emancipazione a mero supporto della produttività capitalistica.
Diventa pertanto fondamentale interrogarsi sulla capacità della disconnessione di fungere da strategia di resistenza, ovvero sulla possibilità di “circoscrivere un luogo proprio in un mondo stregato dai poteri invisibili” (de Certeau, 2010, p. 72), in un'epoca di crescente pressione temporale, e se tale possibilità sia equamente accessibile a tutti.
Questo contributo, attraverso una revisione sistematica di 431 studi scientifici sulla disconnessione digitale pubblicati dal 1998 al 2024, esplora le strategie fin qui prese in considerazione dalla letteratura e adottate dagli utenti per ricalibrare la gestione del tempo. Un aspetto fondamentale dell'analisi è quello di evidenziare come la dimensione temporale delle pratiche di disconnessione, in termini di durata, influenzi significativamente le possibilità di accesso ad esse. Le disconnessioni prolungate, difatti, pur offrendo maggiori benefici in termini di recupero del tempo, sono spesso un privilegio limitato a chi dispone delle adeguate risorse economiche e sociali (Kratel, 2023). Al contrario, le micro-disconnessioni quotidiane, pur nella loro maggiore accessibilità, potrebbero non essere sufficienti per contrastare le pressioni della Platform Society. Tuttavia, dall’analisi sistematica della letteratura emerge come la disconnessione presenti, oltre alla dimensione individuale, anche azioni di natura collettiva. Tali pratiche vanno quindi ad inserirsi all’interno di contesti temporali più ampi, come il dibattito sul diritto alla disconnessione o la ricerca di nuovi modelli di strutturazione del lavoro. Nel confrontare le dimensioni individuali e collettive emerge quindi una diversa comprensione delle strategie di resistenza offerte dalla disconnessione, rendendo evidente la necessità di esplorare come queste pratiche possono essere ripensate in modo inclusivo e consapevole, anche in relazione alla dimensione temporale.
Contributo 3: Pressione temporale e pratiche di disconnessione. Per una fenomenologia della digital disconnection in Italia, tra vecchie e nuove disuguaglianze
Piermarco Aroldi*, Marina Micheli*, Francesca Pasquali+, Barbara Scifo*
*Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
+ Università degli Studi di Bergamo
Tra le forme di pressione temporale che caratterizzano l’esperienza quotidiana delle società contemporanee, la capacità dimostrata dalle piattaforme digitali di colonizzare porzioni sempre più ampie del tempo dei loro utenti costituisce un fenomeno diffuso e generalizzato. Più che i dati relativi al tempo speso utilizzando internet (in Italia mediamente 5 ore e 49 minuti al giorno) (We are social 2024), sono i discorsi sociali relativi alla necessità di contenere questa pressione temporale a rivelarne la criticità: basti pensare al dibattito sullo screen time di bambini e adolescenti, al diritto alla disconnessione reclamato come forma di tutela della privacy dei lavoratori e del bilanciamento tra tempi di vita e tempi di lavoro, al fiorente mercato delle terapie di ‘digital detox’ per favorire il benessere mentale e sociale o aumentare la produttività, alla promozione di alcune località turistiche digital free al fine di preservare tempi e luoghi dell’esperienza di viaggio, per fare solo alcuni esempi.
A fronte di questa pressione temporale, programmaticamente perseguita dall’economia dell’attenzione delle piattaforme digitali, si diffondono comportamenti che sono stati inquadrati nella logica del “digital backslash”, «una sorta di zeitgeist: un momento storico in cui le norme relative al comportamento, al consumo e alle abitudini digitali vengono problematizzate e in cui si mette in discussione l'entusiasmo iniziale dell'era digitale » (Albris et al., 2024). In questa stessa logica si iscrivono le molte e varie forme di disconnessione digitale intesa come «autoregolazione consapevole dell'uso dei media digitali attraverso strategie che limitano selettivamente la connettività degli utenti» (Geber et al., 2024).
Il paper intende approfondire la conoscenza delle pratiche attraverso le quali gli utenti esercitano la disconnessione digitale mediante l’analisi avanzata dei dati raccolti nel corso di una rilevazione CAWI somministrata a un panel rappresentativo della popolazione italiana adulta di utenti internet nel giugno del 2024. La descrizione fenomenologica delle pratiche verrà messa in relazione con le caratteristiche sociodemografiche degli utenti, con le loro abitudini di utilizzo dei media digitali, con le motivazioni che li spingono a contenere la propria connettività e con le difficoltà che queste pratiche di contenimento comportano.
Particolare attenzione sarà dedicata all’analisi di alcune differenze che si traducono facilmente in disuguaglianze dal punto di vista dell’appartenenza generazionale, della posizione nel corso di vita, dell’impegno nei lavori di cura, e che contribuiscono a esporre in modo variabile alla pressione temporale della network society. Sulla scorta dei dati sarà così possibile compiere alcune riflessioni in merito ad alcuni snodi cruciali del dibattito contemporaneo sulle contraddizioni della società digitale.
Contributo 4: Il “lato oscuro” della disconnessione digitale: il ruolo del tempo nella gestione delle pratiche di digital detox da parte di giovani utenti
Francesca Ieracitano e Francesca Comunello, Sapienza Università di Roma
Il presente contributo mira ad offrire un’analisi situazionale della disconnessione digitale, con specifico riferimento al peso e al ruolo che la variabile tempo esercita nelle pratiche di disconnessione digitale, inibendole, favorendole o rendendole sfidanti.
Il framework teorico utilizzato è quello proposto da Schnauber-Stockmann e colleghi (2024), che evidenzia i fattori situazionali che possono intervenire nel comportamento mediale, al fine di poterlo meglio comprendere e soprattutto coglierne la variabilità. Il framework teorico mette in evidenza come a intervenire nel comportamento mediale - caratterizzato dalle fasi di selezione, elaborazione e media disengagement - ci siano fattori situazionali che possono dipendere dal contesto oggettivo e soggettivo in cui le audience/utenti si trovano, dal loro stato psicologico e dal contesto mediale (Schnauber-Stockmann et al., 2024). Tra le componenti del contesto oggettivo, il tempo occupa un ruolo significativo, insieme allo spazio e alle norme sociali.
Per dare applicazione empirica a questo framework teorico, è stato condotto uno studio basato sul coinvolgimento di 54 studenti/esse (13-24 anni) in un’esperienza di disconnesione dallo smartphone per una settimana.
Lo studio, di carattere qualitativo, è stato condotto attraverso la tecnica della compilazione di diari giornalieri. In una sezione del diario è stato chiesto di tracciare i momenti in cui la mancanza del dispositivo veniva avvertita di più o di meno, consentendo di identificare le situazioni specifiche connesse alla dimensione della temporalità nelle quali la gestione dell’assenza del cellulare ha richiesto cambiamenti di ritmi di vita, percezioni del tempo e (ri)organizzazione dei tempi. I diari sono stati analizzati attraverso un’analisi qualitativa del contenuto.
Lo studio ha evidenziato come il tempo rappresenti una variabile che agisce in modo nascosto nelle pratiche di disconnessione digitale, rendendole particolarmente difficili da gestire: la percezione dell’esperienza da parte dei partecipanti è connessa alla dimensione temporale delle situazioni vissute nella settimana di privazione dallo smartphone.
In particolare, l’esperienza di disconnessione digitale ha rivelato ai partecipanti l’esistenza di ritmi e tempi, prima, nascosti (Zerubavel, 1985) dalla condizione dell’essere sempre connessi:
“Mi rendo conto della mancanza dello smartphone principalmente nei momenti in cui sono da solo senza nulla da fare” (S_24, m)
“(O)ggi mi è mancato il telefono più del solito in quanto anche in fila dal medico gli anziani 2.0 avevano tutti (chi per più tempo chi per meno, chi prima chi dopo) il telefono” (L_20_m).
I partecipanti hanno dovuto sviluppare strategie e modalità alternative di controllo del tempo oggettivo, facendo loro avvertire una limitazione nell’esercizio della propria agency:
“Mentre mi preparavo chiedevo spesso a lei (la madre) che ore fossero per darmi una regolata” (F_19_f)
“Non avevo al polso neanche l’orologio e ho dovuto chiedere l’ora a un passante inventandomi la scusa che mi si fosse scaricato il telefono” (L_22_f)
Quello che la disconnessione ha inoltre fatto emergere è un’alterazione della percezione soggettiva dello scorrere del tempo oggettivo, rispetto a come si era abituati a percepirlo prima:
“Mi sento bene e mi sembra di essermi goduta di più la giornata. Il tempo è passato in fretta” (R_20_f)
I risultati evidenziano come la digitalizzazione ha abbia strutturato aspettative di azione e di risposta immediata che non potendo essere soddisfatte dagli utenti durante la disconnessione digitale generano senso di impotenza e frustrazione. Allo stesso tempo, la rinegoziazione dei tempi ha costretto i partecipanti ad accettare i ritardi e a ricalibrare la loro reattività alle situazioni e alla risoluzione di problemi ad esse connessi. Lo stesso senso dell’urgenza è stato ripensato. La percezione soggettiva dei tempi nella condizione di disconnessione dà forma alle emozioni (la noia) e impone un ripensamento del peso che la gestione e l’esperienza del tempo digitalizzate hanno sulle possibilità di esercizio della nostra agency.
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