Programma della conferenza

VII “Non c’è più tempo!” Crisi ed emergenze nella società contemporanea / Cagliari, 19/20 giugno 2025

In un’epoca segnata da crisi ricorrenti e da un senso di urgenza perpetua, il concetto di tempo emerge come una lente imprescindibile per analizzare e comprendere la società contemporanea. Il convegno SISCC 2025, organizzato dalla “Società Scientifica Italiana di Sociologia, Cultura e Comunicazione”, intende riflettere sulle molteplici declinazioni del tempo nel contesto delle crisi odierne, esplorando come l’accelerazione dei ritmi di vita e la proliferazione delle emergenze stiano ridefinendo dimensioni fondamentali dell’educazione, della comunicazione e della vita quotidiana.

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 5 - Panel 02: Cronotopie del cambiamento climatico: narrazioni temporali, utopie, distopie e l'immaginario sociale del futuro
Ora:
Venerdì, 20/06/2025:
16:15 - 17:45

Chair di sessione: Gianmarco Navarini
Chair di sessione: Lorenzo Domaneschi
Luogo, sala: Aula 2 (AO-A)

Piano terra. Edificio A (Palazzo Baffi) Campus Sant'Ignazio. Via Sant'Ignazio da Laconi, 74 (CA)

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Presentazioni

Cronotopie del cambiamento climatico: narrazioni temporali, utopie, distopie e l'immaginario sociale del futuro.

Lorenzo Domaneschi1, Gianmarco Navarini1, Lorenzo Zaffaroni1, Simone Turco1, Paola Rebughini2, Enzo Colombo2, Mirco Costacurta2, Camille Allard2, Fiammetta Corradi3, Francesca Odella4

1Università Milano-Bicocca, Italia; 2Università di Milano Statale; 3Università di Pavia; 4Università di Trento

Nota introduttiva

Il panel presenta un'indagine che mette in questione la visione della crisi climatica come crisi dell'immaginazione temporale, secondo cui una contrazione delle capacità di concepire futuri alternativi e desiderabili conduce a rimanere intrappolati tra narrazioni distopiche paralizzanti e utopie tecnologiche irrealistiche. Attraverso l’analisi di differenti modalità empiriche di immaginare il futuro, gli interventi qui raccolti mirano a mostrare la complessità delle forme di temporalità generate a partire dalla sollecitazione del discorso sul climate change, le quali – ad esempio le combinazioni tra “urgenza” di intervenire, “non c’è più tempo”, “il futuro è adesso” – non sembrano riducibili alla sola dicotomia tra utopia e distopia, ma conducono invece alla scoperta di una molteplicità di forme di "piegamento" della narrazione del tempo.

Il dibattito classico sulla sociologia del tempo ci insegna che il tempo non è una categoria neutrale, ma un costrutto sociale che esprime ed è plasmato da rapporti di forza, rappresentazioni dominanti e una molteplicità di pratiche sociali situate. L'analisi delle cronotopie – la fusione di spazio e tempo nelle narrazioni – ci permette di comprendere come il cambiamento climatico rimodelli le nostre percezioni del futuro con la tensione – non esente da conflitti – a retroagire sul presente. In un'epoca segnata da crisi ecologiche, accelerazioni tecnologiche e trasformazioni sociali e politiche inedite, il modo in cui concepiamo il futuro si mostra ormai non più come un esercizio meramente speculativo, ma come un elemento chiave delle nostre possibilità e capacità di agire sul presente. In particolare, le forme utopiche e distopiche sollecitate dal climate change rivelano il legame cruciale tra immaginazioni temporali e nuove forme di agency sociale. Questo panel, quindi, si inserisce nel solco di una sociologia del tempo che esplora come le rappresentazioni del futuro influenzino il presente e viceversa.

I quattro interventi offrono un'analisi empirica di questo tema da prospettive diverse, tenute insieme dal filo conduttore dell'analisi del rapporto tra immaginazione temporale e agency sociale. Utopia e distopia, così come le molteplici forme cronotopiche che emergono dai campi analizzati (letteratura, politica e scienza), si mostrano come qualcosa di più di semplici rappresentazioni del futuro, ma come strumenti per orientare l'azione presente. Dall’approfondimento di nuovi fenomeni letterari tramite l’analisi della "climate-fiction" in cui si sperimentano modalità di narrare futuri più o meno lontani e si modula la percezione del rischio; all’analisi di nuove forme di attivismo giovanile per indagare l’uso strategico dell’immaginazione del futuro per mettere in campo alternative per le generazioni future; dall’esame delle forme di argomentazione scientifica legate ai fenomeni climatici che elaborano attivamente nuove narrazioni temporali in chiave predittiva; fino all’esame di progetti collaborativi per affrontare le sfide della transizione ecologica, come laboratori per la costruzione di futuri alternativi.

Il panel mira, quindi, non solo a presentare l’analisi in profondità di differenti mondi sociali in cui si sperimentano e in cui ci si confronta con una molteplicità di cronotopie, bensì si propone di portare alla luce l'intreccio tra questi diversi campi empirici (letteratura, politica e scienza) e delle loro narrazioni temporali, per mettere in questione come le forme di immaginazione del futuro si trasformino e generino temporalità inedite nel loro viaggiare da un mondo sociale all’altro. Le narrazioni distopiche, ad esempio, possono nascere dalla letteratura e diffondersi nel discorso politico, alimentando la paura e la rassegnazione. Allo stesso tempo, le visioni utopiche possono emergere dall'attivismo giovanile e influenzare la ricerca scientifica, stimolando lo sviluppo di tecnologie sostenibili e di modelli di società più resilienti. La circolazione di queste narrazioni tra diversi ambiti sociali crea un ecosistema complesso di immaginazione temporale, in cui il futuro viene costantemente negoziato, contestato e rimodellato. Comprendere questo ecosistema è essenziale per affrontare la sfida del cambiamento climatico e per costruire un futuro più giusto e sostenibile.

Bibliografia di riferimento

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1. Apocalypse tomorrow. Rappresentazioni temporali e immaginari sociali della climate fiction italiana.

Lorenzo Zaffaroni (Università di Milano-Bicocca); Simone Turco (Università di Milano-Bicocca)

Il contributo ha l'obiettivo di indagare il complesso legame tra le forme di temporalità connesse alle pratiche letterarie — considerate come modalità empiriche di immaginazione del futuro (Whiteley et al., 2016) — e il racconto del cambiamento climatico come processo sociale soggetto a diverse rappresentazioni (Yusoff & Gabrys, 2011; Milkoreit, 2017). L’analisi ha come oggetto il campo della climate fiction in Italia, che offre diverse opportunità per studiare le modalità narrative eterogenee che si sviluppano in esso e le diverse condizioni di produzione di immaginari sociali del futuro (Jasanoff, 2010).

Se, nella sua prima definizione, la climate fiction è emersa come un sottogenere della fantascienza che attraverso la descrizione del “futuribile” mirasse a criticare gli agenti attuali del cambiamento climatico, le declinazioni letterarie del tema climatico a oggi disponibili sono risultate molto diversificate (Andersen, 2019; Milner & Burgman, 2020), anche in Italia: si va dalla fantascienza speculativa al romanzo familiare a sfondo climatico, dal futuro prossimo distopico alla narrazione intimista e contemplativa di afflato ecologista. In questo contesto giocano un ruolo chiave le cronotopie in quanto modalità di elaborare e raffigurare il presente attraverso il futuro e, conseguentemente, di mostrare mediante la creazione di nuovi immaginari nuove forme di mobilitazione politica per il prossimo futuro.

In particolare, il contributo si sviluppa a partire da 20 interviste qualitative condotte da settembre 2024 a marzo 2025 in Italia con scrittori, editori, giornalisti e critici, orientate a ricostruire il campo discorsivo attraverso cui si sviluppano le tematiche narrative di tipo ambientale. Inoltre, l’analisi include un campione ragionato di opere letterarie analizzate con l’obiettivo di contestualizzare le molteplici forme cronotopiche in relazione alle storie e agli immaginari sociali in esse mobilitati.

Le temporalità del racconto — dal futuro fantascientifico a quello apocalittico, a quello verosimile e anticipatorio perché consequenziale con il presente — sono plasmate sia da considerazioni di natura ‘estetica’ associate alle pratiche letterarie organizzate in un campo (Bourdieu, 2022), sia tensioni associate all’immaginazione del futuro come arena discorsiva condivisa con gruppi sociali e politici eterogenei. Il campo della climate fiction, quindi, si struttura nell’incontro tra diverse raffigurazioni di futuri possibili, così come tra diverse forme di ‘attualizzazione’ del futuro nel presente, negoziate alla luce di uno spazio di possibilità in evoluzione (Altstaedt, 2024).

Mostrando che la narrazione del cambiamento climatico configura un ventaglio di strategie temporali diverse, il contributo sottolinea l’interdipendenza e la co-costruzione delle temporalità dei racconti in riferimento ad altri aspetti endogeni ed esogeni al campo, come il funzionamento sociale di generi e categorizzazioni (prodotte sia dalla critica sia dal mercato), così come l’habitus di autori e autrici e la sua sincronizzazione con i discorsi sul cambiamento climatico — evidente, ad esempio, in un atteggiamento di urgenza associato all’impegno civile-letterario.

Altrettanto centrale è la connessione tra le cronotopie del racconto e l’uso narrativo della scienza, che stabiliscono distinzioni interne al campo tra le opere che presentano elementi plausibili, quindi spesso associati al presente o al futuro più prossimo, opere che contengono forme di “ante-scienza” (una scienza davvero anticipatoria di sviluppi già altamente plausibili), e infine opere speculative che adottano una longue durée narrativa e configurano scenari ipotetici ma estremizzati nelle loro conseguenze sociali.

Scopo dell’intervento sarà, quindi, quello di illustrare come i vari ‘gradienti’ di temporalità siano rivelatori delle diverse strategie di gestione del problema attuale, sollecitando così nuove forme di agency sociale all’interno e al di fuori del campo letterario tramite un ampio range di approcci temporali, dal (fanta)scientifico al contemplativo.

Riferimenti bibliografici

Altstaedt, S. (2024). Future-cultures: How future imaginations disseminate throughout the social. European Journal of Social Theory, 27(2), 279–297. https://doi.org/10.1177/13684310231212732

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Milkoreit, M. (2017). Imaginary politics: Climate change and making the future. Elementa: Science of the Anthropocene, 5, 62. https://doi.org/10.1525/elementa.249

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Whiteley, A., Chiang, A., & Einsiedel, E. (2016). Climate Change Imaginaries? Examining Expectation Narratives in Cli-Fi Novels. Bulletin of Science, Technology & Society, 36(1), 28–37. https://doi.org/10.1177/0270467615622845

Yusoff, K., & Gabrys, J. (2011). Climate change and the imagination. WIREs Climate Change, 2(4), 516–534. https://doi.org/10.1002/wcc.117

2. Parresiastes del clima: le antropotecniche di giovani attivisti e dottorandi per adattarsi alla crisi ecologica

Paola Rebughini (Università degli Studi di Milano Statale) Enzo Colombo (Università degli Studi di Milano Statale) Mirco Costacurta (Università degli Studi di Milano Statale) Camille Allard (Università degli Studi di Milano Statale)

In seguito all’accordo internazionale di Parigi per attenuare il riscaldamento globale al di sotto dei 1,5 °C (Watts et al., 2018), diversi giovani in tutto il mondo si sono costituiti in mobilitazioni, collettivi e associazioni di protesta contro i governi e le classi dirigenti, designati come i maggiori responsabili dell’emergenza climatica in atto (Bowman, 2019).

Abbiamo indagato l’uso strategico dell’immaginazione sociale (Taylor, 2004) del futuro nei giovani. Essi pongono al centro dell’attenzione pubblica una crisi sociale ancor prima che climatica, una lotta al sistema produttivo capitalista. Sono state condotte 60 interviste dialogiche in profondità (La Mendola, 2009), con persone attiviste in ambito ecologico e PhD scholar di età compresa tra i 18 e i 30 anni su tutto il territorio italiano.

Attraverso un’analisi dei dati empirici raccolti sono emersi dei temi che ci possono aiutare a comprendere in che modo il futuro delle giovani generazioni sia percepito come insicuro, difficile e in alcuni casi addirittura catastrofico. La comunicazione dei giovani attivisti e dei dottorandi che sono sensibili al tema può essere vista in termini foucaultiani come un esempio di parresia (Foucault, 2009), un parlar franco, un dire la verità così come deve essere detta e senza mezzi termini, senza paura delle ripercussioni, a costo in alcuni casi di mettere a rischio la stessa libertà individuale per il bene comune. D’altro canto, le giovani generazioni sono sottoposte a dispositivi di controllo, ortopedia e punizione da parte del sistema socio-produttivo in cui sono inseriti.
Da un lato il progresso tecnologico, le gerarchie lavorative e le conseguenze della globalizzazione obbligano chi vuole costruirsi un domani a sottostare a vincoli strutturali che impediscono di poter sperare in un futuro sostenibile senza poter contrastare il cambiamento climatico (controllo). Dall’altro lato l’incombenza di una catastrofe climatica genera azioni non pianificate collettivamente che portano a incorporare l’individualizzazione di pratiche quotidiane eco-sostenibili solo a livello -micro, tralasciando livelli sociali più complessi (ortopedia). Chi adotta uno stile di vita eco-friendly spesso non viene accolto con favore, anzi, in alcune occasioni subisce il trattamento del deviante sociale poiché a costo di difendere i suoi valori di giustizia, si trova ad andare contro il senso comune della narrazione egemonica (punizione).

I soggetti che combattono per un futuro più giusto, quindi, rimangono intrappolati in pratiche quotidiane del loro contesto che forniscono loro una protezione dal valore più simbolico che pratico. Queste pratiche possono essere definite antropotecniche (Sloterdijk, 2009 1998) ecologiche, cioè modalità di sopravvivenza immateriale dell’umano dinnanzi alla catastrofe. Sebbene la loro efficacia non sia in grado di cambiare lo status quo, le antropotecniche avrebbero la capacità di svelare la verità del dispositivo capitalista attraverso focolai di esperienze dissidenti e impopolari, atte a immunizzare le coscienze individuali e collettive.

Riferimenti bibliografici

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La Mendola, S. (2009). Centrato e aperto. Dare vita a interviste dialogiche. Utet.

Sloterdijk, P. (2009 [2010]). Devi cambiare la tua vita: sull'antropotecnica. R. Cortina.

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Watts, N., Amann, M., Ayeb-Karlsson, S., Belesova, K., Bouley, T., Boykoff, M., ... & Costello, A. (2018). The Lancet Countdown on health and climate change: from 25 years of inaction to a global transformation for public health. The Lancet, 391(10120), 581-630.

3. Il ruolo della coerenza nella scienza predittiva del cambiamento climatico: una proposta metodologica

Fiammette Corradi (Università degli Studi di Pavia)

La diffusione del fenomeno del negazionismo climatico, che contesta l’ormai prevalente teoria del surriscaldamento globale antropogenico divulgata e difesa dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change of the United Nations) dimostra che anche le argomentazioni scientifiche possono essere contestate (ed eventualmente strumentalizzate) su basi diverse dalla loro pretesa di verità. Ciò non vale solo per la scienza del cambiamento climatico, che si occupa di lavorare sulle previsioni del futuro di un oggetto ipercomplesso in modi altamente tecnici ed interdisciplinari, ma anche per altri ambiti scientifici recentemente oggetto di dibattito e di accese polemiche (non ultima, la medicina, con la pandemia da Coronavirus). Sembra quindi che, in un contesto di insicurezza i cui la componente predittiva del mondo scientifico gioca un ruolo cruciale nel generare narrazioni credibili sl futuro, la posta in gioco del dibattito tra gli esperti non sia più tanto o soprattutto la verità di una teoria, quanto il suo potere persuasivo nell'offrire una narrazione del futuro. Insomma, diventa centrale la capacità di generare narrazioni temporali dotate di verosimiglianza (Fischer 2021). Questo lavoro si interroga quindi sui fattori che possono contribuire a rendere verosimile, credibile, o perfino persuasiva una “narrazione” scientifica sul futuro climatico, che al di là di pregiudizi ed oltre alle emozioni, e si focalizza in particolare sul ruolo della coerenza, come posta in gioco specifica dei discorsi scientifici. Del resto, già T. Kuhn (1962), aveva sostenuto che le rivoluzioni scientifiche si verificano quando un paradigma esplicativo non regge più dinnanzi ad un eccessivo accumulo di evidenze contrarie. In questo caso, la coereza diventa insomma la posta in gioco per trasformare le narrazioni predittive sul futuro climatico dalla forma utopica o distopica delle forme letterarie alla forma argomentativa di un report scientifico.

Per studiare il ruolo della coerenza come criterio della predizione scientifica in modo sistematico, standardizzato, ma non automatizzato, si propone una metodologia di ricerca innovativa, che prende le mosse da una rivisitazione del modello per l’analisi dell’argomentazione proposto da Stephen Toulmin (1959). L’applicazione del modello alle diverse fasi di una narrazione scientifica – descrizione, spiegazione, previsione – permette di individuare in modo sistematico l’esistenza di eventuali contraddizioni, e quindi di punti di debolezza di una teoria. Applicando questo metodo ai testi di scienziati scettici o negazionisti prodotti dalla organizzazione internazionale CLINTEL, firmataria della dichiarazione mondiale intitolata “There is No Climate Change Emergency”, ma anche a una selezione di saggi prodotti in Italia in un volume a cura di Alberto Prestininzi (2022), il lavoro mostra che la maggior parte delle obiezioni negazioniste si riferisce proprio alla presenza di contraddizioni, incoerenze o discordanze che renderebbero la teoria mainstream relativa al cambiamento climatico non solo poco verosimile, ma completamente falsa e, in questo senso, assimilabile semmai ad altre narrazioni letterarie distopiche e, quindi, fuorviante per le politiche climatiche.

Riferimenti bibliografici

CLINTEL, Global Climate Intelligence Group, There is no Climate Change Emergency, delivered January 2025, from https://clintel.org/wp-content/uploads/2025/01/WCD-250104.pdf

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Prestininzi, A. (a cura di), Dialoghi sul clima. Tra emergenza e conoscenza. Rubettino.

2022

Toulmin, St. (1959) The Uses of Argument, Cambridge University Press, Cambridge.

4. Narrazioni utopistiche e transizione ecologica nei progetti di apprendimento collaborativo di Futures Literacy

Francesca Odella – University of Trento

L'alfabetizzazione al futuro (o ai futuri) rappresenta un'attività tanto semplice quanto complessa da realizzare. La cultura occidentale e la visione scientifica tendono a collocare il discorso sul futuro in due categorie opposte: le previsioni (foresight) e le utopie/distopie. Secondo Claval (2007), la marginalizzazione del futuro nella cultura occidentale deriva dall'evoluzione delle scienze storiche. Passato e futuro, entrambi inaccessibili all’esperienza diretta, possono essere compresi solo attraverso narrazioni. Ad esempio, l’archeologia interpreta il passato, ricostruendo l’uso degli oggetti e le convenzioni sociali, e in tal modo offre indirettamente una lettura del futuro (Holtorf, 2018). Tuttavia, gli aspetti del passato non spiegabili con queste tracce costituiscono una sfida e una minaccia per il futuro, poiché potrebbero rovesciare visioni consolidate della società.

Le narrazioni che coinvolgono diversi attori sociali rappresentano una strategia per affrontare le immagini del futuro radicate nella percezione e nelle azioni delle persone. Queste riflessioni sui modelli culturali dominanti nella società globalizzata (Palmer, 2014) mostrano come l’interpretazione del futuro sia legata alla nostra concezione della realtà attuale e alla percezione dell’organizzazione del mondo. L’influenza del passato sul presente determina il modo in cui immaginiamo il futuro. L’alfabetizzazione al futuro, attraverso la progettazione di scenari, permette ai partecipanti di sospendere la propria razionalità critica, aprendo uno spazio per sperimentazione e immaginazione.

Questo processo rappresenta una sfida al pensiero comune, poiché il futuro non è più percepito come complesso o inaccessibile, ma diventa un momento dialettico in cui costruire narrazioni sulla sostenibilità e sulle trasformazioni socio-economiche. Esprimere punti di vista sul futuro e speculare su scenari possibili restituisce ai partecipanti una capacità di agency, spesso limitata dal presente. Inoltre, permette di esplorare contesti storici, geografici e sociali da prospettive diverse, ad esempio immaginando il futuro di una persona anziana, di un giovane o di un disabile.

Nei laboratori di futuro, i partecipanti possono creare intersezioni tra la loro esperienza locale e la cultura globale, sviluppando oggetti culturali che evocano il futuro o compiono azioni innovative (ad esempio, una caffettiera che germoglia o un abito diagnostico). Possono anche impegnarsi in dibattiti sul ruolo della scienza e sulla sua relazione con le istituzioni, interrogandosi sul rapporto tra caos, mutazioni e conoscenza scientifica.

Quando si esplorano scenari futuri legati alle trasformazioni ecologiche, emerge la sfida di immaginare nuovi paradigmi per il coordinamento sociale. Creare immaginari alternativi aiuta a comprendere le trasformazioni fisiche e culturali in modo olistico e complesso, includendo anche categorie non umane. Questo stimola la riflessione sul ruolo ecologico dell’uomo e sulla crescente interdipendenza tra ambiente e società. La costruzione di futuri alternativi porta a includere una varietà di scenari ambientali, alcuni ottimistici, altri tecnologizzati o catastrofisti.

Il confronto con la società contemporanea induce i partecipanti a riflettere sui propri pregiudizi cognitivi e sulla loro influenza nell’immaginare il futuro. La percezione della temporalità legata all’ambiente varia: può essere vista come un passato naturale superato dalla tecnologia o come un elemento di sovversione dell’ordine sociale. L’Antropocene, come episteme narrativa, contiene sia un seme distopico, che spinge a considerare il cambiamento climatico come inevitabile, sia un seme utopico, che anticipa cambiamenti radicali nelle strutture sociali.

Nei progetti di alfabetizzazione al futuro, queste dinamiche convergono nella narrazione di molteplici futuri, che i partecipanti esplorano e valutano attraverso la piacevolezza narrativa (Karaiskou, 2024). Ampliare i confini di ciò che è percepito come normale, fattibile e atteso socialmente diventa una scelta consapevole. Questo approccio condiviso favorisce una maggiore familiarità con la dimensione temporale e cognitiva del futuro, incoraggiando una mentalità aperta e non giudicante sulle sue potenzialità.

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