Il livello di consapevolezza algoritmica nella popolazione italiana: alcune indicazioni per lo sviluppo dell’algorithmic literacy.
Francesco Marrazzo
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Italia
Nel quadro istituzionale sempre più ampio in materia di media literacy (UE 2018, 2024; Lacourt, 2024), media and information literacy (UNESCO 2013; OECD 2024), digital literacy (Vuorikari et al., 2022) e digital citizenship education (CoE 2019; OSCE-RFOM 2024), assume sempre più rilevanza l’algorithmic literacy, intesa come quell’insieme di capacità relative alla consapevolezza e alla conoscenza degli algoritmi alla base del funzionamento delle piattaforme online (Zarouali et al. 2021), nonché alla comprensione delle modalità per gestire e regolare le impostazioni predefinite dalle piattaforme algoritmiche ai fini della curation dei contenuti (Bucher 2017), che possono risultare estremamente utili anche per riconoscere e intraprendere le opportune azioni di fronte a contenuti di disinformazione (Chung, Wihbey 2024). In particolare, nell’ambito dell’alfabetizzazione digitale e mediatica, è stata avanzata in letteratura una definizione di algorithmic literacy di tipo user-centric che fa riferimento a due livelli: consapevolezza e conoscenza delle rappresentazioni e delle tattiche che ruotano intorno ai sistemi algoritmici; azioni implicite ed esplicite degli utenti per curare i contenuti con gli algoritmi e modificare di conseguenza i propri comportamenti di fruizione delle piattaforme algoritmiche (Frau-Meigs 2024).
Partendo da questo approccio, nell’ambito di una ricerca sui fabbisogni di alfabetizzazione digitale e mediatica avviata da ****, è stata indagata la dimensione dell’algorithmic literacy con particolare riferimento alle piattaforme online (di social networking, condivisione video, video-on-demand, e-commerce) che utilizzano algoritmi di raccomandazione dei contenuti. L’indagine è stata svolta attraverso una survey effettuata su un campione di 7.053 individui, rappresentativo della popolazione italiana per zona di residenza, genere e classe di età. Le interviste sono state condotte nei mesi di marzo e aprile 2024 e la somministrazione del questionario è stata effettuata, per il 75% dei casi con il metodo CAWI, e, per il residuo 25% dei casi con metodo CATI. La survey si è basata su un questionario elaborato da ****, che ha dedicato una specifica sotto-sezione della rilevazione agli aspetti connessi all’algorithmic literacy.
In questo contributo verranno in particolare illustrati i principali risultati della survey relativi alla conoscenza e alla consapevolezza degli algoritmi raccomandazione dei contenuti utilizzati dalle principali piattaforme online da parte della popolazione italiana dai 14 anni in su e alla capacità degli utenti di svolgere specifiche azioni per curare i contenuti con gli algoritmi e modificare di conseguenza i propri comportamenti di fruizione delle piattaforme algoritmiche. Inoltre, verrà proposto uno specifico indice di algorithmic awareness e sarà analizzata la distribuzione delle fasce di popolazione italiana distinta per classe di età, reddito, titolo di studio, accesso a Internet, utilizzo dei diversi mezzi di comunicazione per livello di consapevolezza algoritmica. Il contributo si concluderà con alcune indicazioni, che, sulla scorta delle principali evidenze della reportistica (EDMO, 2024; Ecorys, 2024; Winstone, 2024) e della letteratura scientifica in materia di alfabetizzazione digitale e mediatica (Buckingham 2013; Bulger, Davison, 2018) e disinformazione (De Blasio, Sorice 2023; Osatuyi, Dennis 2024), nonché dei dati analizzati, evidenzieranno alcune specifiche azioni da intraprendere, sia a livello di politiche pubbliche sia nell’implementazione di iniziative già esistenti, per aumentare il grado di algorithmic literacy nelle diverse fasce della popolazione italiana.
Svelare i codici, ripensare la comunicazione: strategie e ambivalenze nella narrazione della violenza di genere
Luisa Stagi1, Mariella Popolla2
1Università degli Studi di Genova; 2Università degli Studi di Cagliari, Italia
La violenza di genere, e più nello specifico, la violenza maschile sulle donne è un fenomeno strutturale che in un’epoca di transizione assume forme e significati specifici. Come ha mostrato Bauman, l’ansia per un futuro incerto e rischioso genera una “retrotopia”, certamente facilitata dal permanere di fantasmi del passato che continuano a generare a far risuonare la eco di modelli, copioni e significati antichi nel presente (Fisher) . È nella tensione tra le spinte al cambiamento e la resistenza che oppongono le profonde radici della maschilità egemonica che si generano quelle ambivalenze che nutrono visioni nostalgiche e reazionarie, che producono il backlash, che stanno alla base della diffusione delle istanze dei movimenti antigender. Ed è all’interno di questa tensione che, dunque, si sviluppa quello che è il discorso pubblico sulla violenza maschile sulle donne.
Ma in che modo è possibile ideare e promuovere strumenti e strategie tanto di ordine metodologico e di ricerca, quanto di intervento, all’interno di questa tensione? È possibile disvelare le ambivalenze e contraddizioni che si rintracciano nei discorsi pubblici, nelle retoriche neo sovraniste, nei vari livelli della produzione culturale?
Se, come sottolineato da D’Ambrosi e colleghe/i (2024), la comunicazione sul tema da parte del settore pubblico è da considerarsi come il risultato di complesse dinamiche tra l'adozione di regole, la tendenza a replicare pratiche consolidate e lo sviluppo di una dimensione creativa nelle strategie di comunicazione, diviene necessario “ripensare” le modalità di creazione e promozione di campagne efficaci proprio partendo dal confronto tra ciò che è stato prodotto fino a oggi, al fine di rintracciare l'esistenza di codici comunicativi naturalizzati e percepiti come universali (Magaraggia, 2015).
Il nostro contributo presenterà alcuni risultati preliminari del progetto **** con particolare riferimento a due aspetti: a) analisi delle campagne comunicative sulla violenza maschile sulle donne e b) presentazione di alcuni prodotti costitutivi di una campagna di sensibilizzazione pensata per studenti dell’università, frutto di un percorso video-laboratoriale partecipativo con il corpo studentesco dell’Università di Genova.
Imprese e comunicazione alla prova della pandemia. Valore delle relazioni e dell'alleanza durante e oltre il lockdown
Valentina Martino1, Rossotti Ludovica2
1Sapienza, Italia; 2Università Politecnica delle Marche
La ricerca esplora l’evoluzione della comunicazione d’impresa durante e a seguito della pandemia Covid-19.
A seguito del lockdown della primavera 2020, istituzioni e mondi vitali sono stati costretti a misurarsi con una turbolenza di carattere sanitario e sistemico (Beck, 1986), che ha comportato un improvviso capovolgimento della quotidianità e del “dato per scontato”. La società, il lavoro e il consumo hanno dovuto adattarsi a molteplici mutamenti: fra questi, il dilagare della crisi sanitaria e infodemica (Rothkopf, 2003), legata a un eccesso di informazioni e interpretazioni; il radicalizzarsi dei processi di glocalizzazione, in un sempre più vorticoso equilibrio fra territori e reti (Boccia Artieri e Farci, 2021); una repentina accelerazione digitale, presupposto per un cambiamento a lungo termine del lavoro e degli stili di vita (Lombardo e Mauceri, 2020).
L’emergenza ha indotto le imprese a sospendere o rallentare per un certo periodo la propria attività, adottare misure di prevenzione e sicurezza, snellire e dematerializzare i processi aziendali e, in alcuni casi, riconvertire il modello produttivo e distributivo (Istat, 2020). A un tempo, la pandemia ha rappresentato un’occasione senza precedenti per rinnovare la vicinanza verso lavoratori e cittadini, più che mai inclini a riconoscere nelle imprese un decisivo corpo intermedio, capace di contribuire alla tenuta dei consumi, del lavoro e del benessere sociale (Edelman, 2021).
Alla luce di questo scenario, il contributo presenta i risultati di un’indagine qualitativa sulle evoluzioni della comunicazione delle imprese italiane di fronte all’eccezionalità del Black Swan (Taleb, 2008). Attraverso testimonianze di prima mano dei decision-maker organizzativi, la ricerca ha esplorato strategie e azioni messe in campo per informare, rassicurare e coinvolgere i pubblici, sulla base di un corpus di oltre cento interviste in profondità a imprenditori, responsabili della comunicazione e del personale e altre figure di vertice in ambito nazionale. Le testimonianze restituiscono in modo vivido l’esperienza di imprese e professionisti nel breve-medio termine, suggerendo molteplici spunti di riflessione circa il lascito della crisi sulla cultura e pratica della comunicazione nelle organizzazioni e sul valore che queste ultime attribuiscono al proprio capitale di relazioni e alleanze.
L’ipotesi chiave è che la comunicazione abbia garantito le risorse immateriali di fiducia e relazione indispensabili per fronteggiare la minaccia collettiva (Mazzei, 2015), così dispiegando nelle organizzazioni quel primato etico e strategico da sempre invocato a livello teorico-disciplinare, ma lungi dall’essere realtà soprattutto nel pre-pandemia (Martino et al., 2023; Martino e Rossotti, 2021). Tra le tendenze passate in rassegna si segnalano, in particolare, una sempre più stringente integrazione della comunicazione, a partire da un saldo focus sulla comunità e l’identità aziendale; l’emergere di strategie e strumenti orientati al valore condiviso (Porter e Kramer, 2011) e al modello di impresa purpose driven (Basu, 2017; Coda, 2023), tesa a trascendere le tradizionali formule della filantropia e della responsabilità sociale; la valorizzazione di una relazione comunitaria con gli stakeholder interni, i mercati e le comunità locali (Burke, 1999; Harrington, 2018; Magnani, 2016); non da ultima, la professionalizzazione e istituzionalizzazione della comunicazione secondo un avanzato modello strategico-comportamentale (Grunig, 2016), in grado di incidere positivamente sull’empowerment delle organizzazioni e sulla qualità dei loro processi decisionali.
A emergere come un faro dal chiaroscuro della crisi è, di fatto, il valore delle relazioni e partnership strategiche (Giesecke, 2012), basate su una comunanza di obiettivi e sull’impegno reciproco tra un’organizzazione e i suoi stakeholder: lavoratori, consulenti, partner, consumatori, istituzioni e realtà del non profit, finanche ad altre aziende e persino realtà competitor. Soggetti molto diversi tra loro, che nella crisi hanno intravisto la possibilità di interagire e collaborare secondo un più avanzato modello relazionale e spirito d’alleanza, che apre enormi margini di sperimentazione e innovazione relazionale e sociale.
Comunicazione del rischio e vulnerabilità sociale: una mappatura del panorama informativo
Manuela Farinosi, Claudio Melchior, Alessandro Meneghini
Università degli Studi di Udine, Italia
Dal punto di vista delle scienze sociali, disastri naturali ed emergenze di massa rappresentano dei fenomeni di tipo complesso, che mettono a dura prova la capacità di risposta di interi territori, esacerbando le sfide climatiche, politiche, economiche e sociali preesistenti. Simili eventi minano la salute e il benessere dell’intera società, ma colpiscono in modo particolarmente grave coloro che sono già in origine più fragili e vulnerabili, aggravando così condizioni strutturali di disuguaglianza. Classe, genere, età, etnia, stato socio-economico emergono come variabili fondamentali per comprendere le diverse modalità non solo di esperire il disastro all’interno di una stessa comunità (Blaikie et al., 1994; Cutter, Boruff, Shirley, 2003; Tierney, Lindell, Perry, 2001), ma anche di anticiparlo, fronteggiarlo e recuperare le conseguenze derivanti dal suo impatto. Diversi sono gli studi che evidenziano come la comunicazione svolga un ruolo strategico nella prevenzione, preparazione e risposta alle emergenze e, più in generale, nella gestione del rischio e la riduzione delle perdite (Bradley et al., 2016; Fekete, 2012; Yamori, 2020). Questi studi, se da un lato sottolineano l’importanza di integrare e porre al centro le esigenze delle comunità locali cui questa comunicazione deve rispondere (Rodriguez, Quarantelli, Dynes 2007), dall’altro, molto spesso, tendono a vedere queste comunità come un qualcosa di omogeneo, senza soffermarsi sui diversi gruppi sociali che si trovano a vivere in condizioni di fragilità e sulle loro specifiche necessità.
A partire dagli eventi extra-ordinari più recenti che hanno interessato il nostro Paese, il presente contributo si propone di analizzare la dimensione della vulnerabilità all’interno dell’attuale panorama informativo attraverso una valutazione retrospettiva dei materiali prodotti da attori istituzionali quali Protezione Civile, Croce Rossa, Vigili del Fuoco, ecc. La ricerca costituisce il primo step di un progetto più ampio sviluppato nell’ambito del ****, e si focalizza soprattutto sul contesto locale. Mediante un approccio esplorativo basato su una mappatura documentale e su una griglia di analisi appositamente costruita, il lavoro intende rispondere alle seguenti domande di ricerca: 1) In che modo i materiali informativi istituzionali definiscono e rappresentano la vulnerabilità sociale nelle situazioni di emergenza?; 2) In che misura le diverse tipologie di vulnerabilità vengono considerate nello sviluppo dei materiali informativi e nella pianificazione dell’emergenza?; 3) Quali categorie di vulnerabilità sono maggiormente considerate nella comunicazione del rischio e quali invece risultano trascurate?; e 4) Quali barriere limitano l’accessibilità della comunicazione del rischio per i diversi gruppi vulnerabili?
L’analisi delle strategie comunicative esistenti rivela che la comunicazione del rischio presenta ancora diverse criticità in relazione alla vulnerabilità sociale. Molte delle iniziative identificate si configurano come canali di comunicazione unidirezionale, limitando l’interattività e la possibilità per le comunità vulnerabili di partecipare attivamente. Dal punto di vista dell’inclusione, sebbene alcune iniziative abbiano cercato di integrare misure di accessibilità (es. traduzioni multilingue, interpretariato LIS, funzioni di chiamata silenziosa per persone con difficoltà comunicative), manca una strategia coerente e sistematica per rispondere alle esigenze di gruppi vulnerabili diversi, come persone con disabilità non sensoriali, migranti, senzatetto o individui con difficoltà cognitive. Questi risultati sottolineano l’urgenza di sviluppare strategie comunicative più inclusive e partecipative, che tengano in stretta considerazione le specifiche esigenze, temporanee o permanenti, dei soggetti e le diverse cause della vulnerabilità. Affinché queste strategie possano realmente ridurre l’impatto delle emergenze future, è fondamentale integrarle in un quadro più ampio di gestione del rischio, che preveda il coinvolgimento attivo delle comunità locali e dei gruppi vulnerabili nei processi decisionali.
Pochi secondi ci salvano la vita. Valutazione ex-ante per lo sviluppo di un sistema di Earthquake Early Warning modellato e incentrato sulla popolazione.
Lorenzo Cugliari
Sapienza Università di Roma, Italia
I terremoti minacciano l'incolumità delle persone e il contesto socioeconomico, soprattutto in aree ad alta sismicità come l’Italia. Anche eventi di bassa intensità, che avvengono in un contesto territoriale vulnerabile, possono generare danni significativi e causare vittime. I sistemi di allarme sismico (Earthquake Early Warning Systems - EEWS), già implementati in alcune aree del mondo, offrono un intervallo di preavviso, variabile da pochi secondi a decine di secondi, durante il quale è possibile allertare la popolazione o attivare automaticamente sistemi di protezione (Cremen et al., 2022). Questo tempo, seppur breve, risulta fondamentale per ridurre il rischio di danni e vittime prima dell’arrivo delle onde sismiche più distruttive.
In Italia, non è ancora operativo un EEWS. Nelle Marche però, con il supporto dei progetti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia “Rete Multiparametrica” e “DL.50-Ricostruzione Centro Italia” è avvenuta la simulazione dell’operatività di un sistema di allerta sismica. La simulazione (Festa et al., 2018, Ladina et al., 2021) è avvenuta grazie ad una rete di sismometri a larga banda che, dal 2016 ad oggi, hanno popolato un vasto database con ottimi dati sismici successivamente analizzati con gli algoritmi sviluppati per il progetto PRESTo (Satriano et al., 2011). Questa integrazione ha dimostrato che un sistema di EEW è in grado di avvisare, con un preavviso di 5-10 secondi, le comunità situate a 30 km o più dall’epicentro di un terremoto, offrendo un intervallo di tempo sufficiente per attivare misure di protezione automatiche di mitigazione del rischio. Tuttavia, l’efficacia di un EEWS dipende tanto dalla componente tecnica (upstream) quanto dalla risposta della popolazione (downstream). Per questo è essenziale che le informazioni trasmesse siano modellate sul pubblico target per essere accettate e comprese efficacemente.
Per analizzare l’accettazione, i bisogni informativi e le reazioni comportamentali dei destinatari dell’allerta, è stato tradotto e adattato un questionario sviluppato da Becker et al. (2020, A). Il questionario, auto-somministrato tramite Google Moduli e accessibile via QR code, è stato proposto a un campione di studenti delle scuole superiori della provincia di Ancona. Composto da 25 domande suddivise in quattro sezioni, lo strumento ha permesso di raccogliere dati utili a comprendere l’efficacia percepita degli EEWS e i fattori che influenzano l’adozione di comportamenti protettivi.
I risultati preliminari suggeriscono che un Sistema di Allerta Precoce per Terremoti (EEWS) è generalmente accettato dalla popolazione quando questa possiede un'adeguata consapevolezza del rischio sismico e ha ricevuto sufficienti informazioni sui comportamenti da adottare (Comunello et al., 2015, Weyrich et al., 2020; Becker et al., 2020, B). Elementi come credibilità e fiducia nelle Istituzioni preposte alla comunicazione di emergenza giocano un ruolo imprescindibile. L'analisi dei dati indica che i rispondenti accettano un margine di sovra- o sottostima nelle allerte, a condizione che il sistema contribuisca a ridurre l'incertezza sugli effetti del sisma. Un aspetto importante e controverso che emerge dai dati raccolti è che la percezione del rischio sismico, rilevata al campione di studenti che sostengono di aver esperito un terremoto anche forte e recente, è mediamente scarsa. L'integrazione di soluzioni tecnologiche avanzate e strategie di comunicazione del rischio (Cerase, 2017; Massa & Comunello, 2024) facilitano il passaggio dalla comunicazione del rischio a una risposta emergenziale tempestiva ed efficace. I sistemi di allerta rapida, infatti, consentono di ridurre l'incertezza di impatto purchè la popolazione abbia gli strumenti per decodificare il messaggio. La sensibilizzazione costante del pubblico rafforza la percezione del rischio e favorisce l'adozione di comportamenti protettivi, rendendo questi sistemi un complemento fondamentale per la protezione delle comunità vulnerabili, soprattutto in contesti a elevata sismicità.
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