Programma della conferenza

VII “Non c’è più tempo!” Crisi ed emergenze nella società contemporanea / Cagliari, 19/20 giugno 2025

In un’epoca segnata da crisi ricorrenti e da un senso di urgenza perpetua, il concetto di tempo emerge come una lente imprescindibile per analizzare e comprendere la società contemporanea. Il convegno SISCC 2025, organizzato dalla “Società Scientifica Italiana di Sociologia, Cultura e Comunicazione”, intende riflettere sulle molteplici declinazioni del tempo nel contesto delle crisi odierne, esplorando come l’accelerazione dei ritmi di vita e la proliferazione delle emergenze stiano ridefinendo dimensioni fondamentali dell’educazione, della comunicazione e della vita quotidiana.

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 3 - Panel 01: La complessità del caregiving: Reti di supporto e percezione del tempo
Ora:
Giovedì, 19/06/2025:
17:30 - 19:00

Chair di sessione: Donatella Bramanti
Luogo, sala: Aula A (B0-A)

Piano terra. Edificio B, Campus Sant'Ignazio. Via Sant'Ignazio da Laconi, 76 (CA)

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Presentazioni

La complessità del caregiving: Reti di supporto e percezione del tempo

Donatella Bramanti1, Lucia Boccacin1, Sara Nanetti1, Marco Carradore1, Fabio Ferrucci2, Giuseppe Monteduro2, Marianna Coppola3, Emiliana Mangone4, Giuseppe Masullo4, Rita Affatigato5, Roberta Teresa Di Rosa5, Gaetano Gucciardo5

1Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano, Italia; 2Università del Molise - Campobasso, Italia; 3Università Telematica Giustino Fortunato; 4Università degli studi di Salerno; 5Università degli studi di Palermo

Il caregiving rappresenta una pratica sociale e relazionale complessa, in cui si intrecciano attaccamento, bisogni e impegni di chi riceve e di chi fornisce supporto. Le reti di sostegno sono fondamentali per il benessere dei caregiver, ma la loro efficacia dipende dalla qualità e dalla configurazione delle relazioni che scontano il progressivo indebolimento delle relazioni di cura familiari. Le cause di tale indebolimento sono molteplici (Neri e Montesperelli 2009; Di Santo e Ceruzzi 2018). Le attuali dinamiche demografiche e sociali riducono il numero dei potenziali caregiver e, al contempo, incrementano il numero delle persone che necessiteranno di assistenza (Fine 2007). In simili contesti, i soggetti «sono sempre meno in grado di riconciliare e allineare i differenti orizzonti temporali della propria vita» (Rosa 2015: 116).

Il presente panel condensa i primi risultati che emergono dal Progetto *****.

In particolare, i 4 contributi presentati hanno posto al fuoco delle indagini differenti target di caregiver: caregiver informali e professionali, che si occupano di anziani e di disabili, in differenti ambiti territoriali.

Il primo contributo presenta il tema in una prospettiva di genere: i primi risultati hanno evidenziato come il caregiving comporti costi emotivi e fisici significativi, in particolare per le donne, che tendono a riportare livelli di stress più elevati rispetto agli uomini, specialmente in situazioni di carico intenso. Le dinamiche di genere influenzano profondamente le esperienze di caregiving: gli uomini si concentrano su compiti pratici, mentre le donne adottano un approccio più relazionale, monitorando i servizi e cercando supporti esterni per gestire le attività pratiche ed emotive.
Il capitale sociale gioca un ruolo cruciale nel benessere dei caregiver. Le reti di sostegno possono essere di tipo bonding, caratterizzate da legami stretti e coesi, che offrono supporto immediato ma limitano l'accesso a nuove informazioni, o di tipo bridging, che favoriscono legami più deboli e diversificati, utili per acquisire conoscenze innovative. I caregiver con un maggiore supporto sociale, sia formale che informale, tendono a sviluppare circoli virtuosi di reciprocità, migliorando il loro benessere psicologico.

Il secondo contributo si focalizza sul caregiving delle persone con disabilità. Nelle relazioni di cura si intersecano due strutture temporali: l'"abled time" e il "crip time" attraverso quest’ultimo, le persone, in condizione di disabilità sperimentano il tempo e il mondo. Dall'analisi qualitativa condotta su diadi, composte da caregiver e persone di riferimento, emerge una difficoltà nell'organizzazione del tempo di cura, spesso a scapito del tempo personale. La rete di supporto può svolgere una funzione di supplenza operativa, consentendo al caregiver di ritagliarsi momenti per sé. Tuttavia, si osserva anche una tendenza a negare il dolore e a non pianificare il futuro in termini negativi, riflettendo un approccio "foreverista" che si concentra sul presente.

Il terzo contributo analizza una questione decisiva che impatta sulle dinamiche familiari e relazionali: la comunicazione di una diagnosi di disabilità, che richiede una rielaborazione della vita quotidiana e delle dinamiche familiari. Questo processo coinvolge una dimensione temporale complessa, in cui il tempo dedicato alla cura può sottrarre spazio ad altre aree della vita, come il lavoro e le relazioni sociali. Inoltre, emerge una tendenza a negare il dolore e a non pianificare il futuro in termini negativi, concentrandosi sul presente e trascurando progetti a lungo termine, con conseguenze significative per la vita della persona con disabilità, e per il sistema familiare. Tuttavia, la progettazione del futuro è spesso trascurata, con una mancanza di pianificazione per il "dopo di noi", che può avere ricadute negative.

L’ultimo contributo pone al centro del lavoro di ricerca le relazioni di cura professionali. Dalle prime analisi è emerso che i caregiver tendono a costruire legami significativi con le persone assistite, andando oltre la mera relazione professionale. Quando la relazione con l'assistito non è soddisfacente, i caregiver cercano significato nella relazione con la persona di riferimento. La carenza di capitale sociale può portare a una compensazione emotiva, dove il caregiver riceve supporto dalla persona assistita, creando una dinamica di reciprocità.

I primi risultati dei lavori presentati suggeriscono implicazioni per politiche di assistenza più efficaci.

Riferimenti bibliografici

Bramanti, D., Lombi, L., Nanetti, S. (a cura di), (2023). L’intervista diadica intergenerazionale. Acireale: Bonanno

Bramanti D., Nanetti S., Moscatelli M, Le diadi di sostegno e il capitale sociale familiare nella transizione alla fragilità anziana, in Bramanti D., Donato S. (eds), La famiglia che invecchia. Vivere e accompagnare la transizione alla fragilità, Studi Interdisciplinari sulla Famiglia, n° 34, Vita e Pensiero, Milano , pp. 19-42.

Fine, D.M. (2007). A Caring Society?: Care and the Dilemmas of Human Services in the 21st Century. Basingstoke: MacMillan.

Rosa, H. (2015). Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità. Torino: Einaudi.

Neri, M. T., & Montesperelli, P. (2009). Il caregiver familiare: il lavoro di cura tra prossimità e distanza. Milano: FrancoAngeli.

Di Santo, P., & Ceruzzi, F. (2018). Il lavoro di cura e il sistema di welfare in Italia. Roma: Carocci.

Tronca L., Sità C. (2019), Réseaux sociaux et travail social. Un défi pour linteractionnisme structural, Revue européenne des sciences sociales, 57, 2, 193-227.

Turner, J. B., & Turner, R. J. (2013), Social relations, social integration, and social support. Handbook of the sociology of mental health, 341-356.

PRIMO CONTRIBUTO

Capitale sociale e caregiving: Una prospettiva di genere sul tempo della cura in Italia

Lucia Boccacin Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Dipartimento di Sociologia – e-mail: lucia.boccacin @unicatt.it Sara Nanetti Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Dipartimento di Sociologia – e-mail: sara.nanetti@unicatt.it Marco Carradore Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Dipartimento di Sociologia – e-mail: sara.nanetti@unicatt.it

Il caregiving costituisce una pratica sociale e relazionale, entro la quale è possibile osservare la complessità del tempo della cura, un tempo non lineare, caratterizzato da un intreccio tra attaccamento, bisogni ed impegni che sono espressione sia di chi riceve sia di chi fornisce supporto. Il presente studio intende esplorare le reti personali e le esperienze di caregiving verso anziani fragili e persone con disabilità in Italia, a partire dai risultati del progetto ****. La ricerca, attraverso un disegno di ricerca multimodale, ha raccolto interviste diadiche e schede di rete (personal network analysis) coinvolgendo 50 diadi formate dal caregiver e dalla persona di riferimento (che supporta il caregiver).

Grazie alla triangolazione di dati qualitativi e quantitativi, lo studio ha consentito di mappare le forme di reciprocità e solidarietà che caratterizzano i reticoli di caregiving, evidenziando le interconnessioni tra capitale sociale e dinamiche di genere. Dall’analisi delle interviste è emerso come i compiti di cura comportano significativi costi emotivi e fisici (Sabo, Chin, 2021) soprattutto per le donne, che riportano livelli più elevati di stress rispetto agli uomini, in particolare a fronte di carichi particolarmente intensi (Willert, Minnotte, 2021). Si conferma inoltre una profonda correlazione tra dinamiche di genere ed esperienze di caregiving, in particolare: gli uomini risultano concentrati prevalentemente su compiti pratici e meno inclini alla fruizione di servizi di supporto, mentre le donne assumono un approccio più relazionale, monitorando attentamente i servizi e impiegando supporti esterni per gestire sia attività pratiche che emotive (Kokorelias et al., 2021). D’altra parte, la disponibilità di capitale sociale influenza le competenze e le condizioni di benessere dei caregivers, nello specifico: il capitale sociale di tipo bonding, basato su reti dense e coese, fornisce supporto immediato al caregiver ma può limitare l’accesso a informazioni nuove e risorse alternative; mentre il capitale sociale di tipo bridging, basato su legami più deboli e diversificati, offre vantaggi per l’acquisizione di conoscenze innovative e per la gestione delle relazioni di cura (Roth, 2020). In linea con quanto sostenuto da Baik et al. (2024) i caregiver che beneficiano di un maggiore supporto sociale formale e informale – ad esempio, attraverso la partecipazione ad attività religiose o di volontariato – tendono a sviluppare circoli virtuosi di reciprocità, migliorando sia il proprio benessere psicologico sia il capitale sociale complessivo.

I risultati della ricerca avvalorano l'importanza fondamentale del capitale sociale e delle dinamiche di genere nelle pratiche di caregiving. Da un lato, le reti di sostegno costituiscono un elemento protettivo per il benessere dei caregivers, ma allo stesso tempo la loro influenza differisce a seconda della configurazione e della qualità delle relazioni. In particolare, le reti

bonding, caratterizzate da coesione e vicinanza, offrono supporto immediato ma potrebbero restringere l'accesso a risorse esterne, mentre le reti bridging risultano più efficaci nel diversificare le strategie di gestione della cura, sebbene siano meno accessibili a chi è maggiormente impegnato nei compiti di assistenza quotidiana. Dall’altro, le differenze di genere mettono in luce come il caregiving al femminile presenti un impegno emotivo e gestionale più consistente, che influenza notevolmente lo stress e la qualità della vita, mentre il supporto maschile tende a limitarsi in misura prevalente agli aspetti pratici. Tali esiti invitano ad un approfondimento delle strategie di intervento, suggerendo che potenziare le reti bridging e migliorare l'integrazione tra sostegno formale e informale possa promuovere

un equilibrio maggiore tra caregiving e benessere personale, diminuendo allo stesso tempo le disuguaglianze di genere nella cura.

Riferimenti bibliografici

Baik, S., Crittenden, J., & Coleman, R. (2024). Social capital and formal volunteering among family and unpaid caregivers of older adults. Research on Aging, 46(2), 127-138.

Kokorelias, K. M., Naglie, G., Gignac, M. A., Rittenberg, N., & Cameron, J. I. (2021). A qualitative exploration of how gender and relationship shape family caregivers’ experiences across the Alzheimer’s disease trajectory. Dementia, 20(8), 2851-2866.

Roth, A. R. (2020). Informal caregiving and social capital: A social network perspective. Research on Aging, 42(9-10), 272-280.

Sabo, K., & Chin, E. (2021). Self-care needs and practices for the older adult caregiver: An integrative review. Geriatric Nursing, 42(2), 570-581.

Willert, B., & Minnotte, K. L. (2021). Informal caregiving and strains: Exploring the impacts of gender, race, and income. Applied Research in Quality of Life, 16, 943-964.

SECONDO CONTRIBUTO

Temporalità e relazioni di cura nelle esperienze dei caregiver delle persone con disabilità

Fabio Ferrucci Università del Molise e-mail: ferrucci@unimol.it
Giuseppe Monteduro Università del Molise e-mail: giuseppe.monteduro@unimol.it

La dimensione temporale costituisce una componente fondamentale delle relazioni sociali ed in particolare delle relazioni di cura (Urwin et al. 2023; Kelly, Heyman, White-Ryan 2017). Allo stesso tempo, la società tardo moderna si caratterizza per un regime temporale governato dalla logica dell’accelerazione che produce effetti alienanti: dallo spazio, dalle cose, dal nostro agire, dal tempo, da sé e dagli altri (Rosa 2015).

In questa ottica, il caregiving delle persone in condizione di disabilità è un «sismografo» in grado di rilevare gli effetti generati dalla crescente accelerazione sociale. Nelle relazioni di cura delle persone in condizione di disabilità si intersecano due strutture temporali: il «crip time» e l’«abled time». In concetto di «crip time» è stato introdotto in tempi recenti per descrivere le specifiche modalità con cui le persone in condizione di disabilità sperimentano il tempo e il mondo (MacRuer 2018. Di conseguenza, l’organizzazione temporale della vita quotidiana dei caregiver è costruita attorno a programmi dettati dalle esigenze delle relazioni di cura (COFACE 2017).

La letteratura scientifica fornisce evidenze empiriche che dimostrano come la disponibilità un sistema di relazioni di supporto sociale riduca il carico del lavoro di cura e migliori la qualità della vita dei caregiver (Chappell & Funk, 2011; Adelman et al., 2014). Al contrario, la carenza di supporto sociale può portare a una percezione alterata del tempo, caratterizzata da ansia e senso di isolamento (Pinquart & Sörensen, 2003). In particolare, i caregiver con un forte supporto sociale riescono a mantenere una struttura temporale organizzata, stabilendo routine che permettono loro di bilanciare il lavoro di cura con momenti di pausa e attività personali. Di contro, alla mancanza – o all’esiguità ─ di una rete di aiuto sono associate maggiori difficoltà nella gestione del tempo e ricadute negative sul benessere psicologico del caregiver.

Il presente contributo presenterà i primi risultati di una indagine qualitativa, realizzata mediante la metodologia dell’intervista diadica (Bramanti, Lombi e Nanetti 2023) condotta su un campione nazionale di 25 caregiver di persone in condizione di disabilità e la persona che gli stessi caregiver hanno indicato come principale social support. In particolare, saranno discusse: la percezione del tempo del caregiver, l’impatto sul futuro e la progettualità, gli effetti sulle relazioni sociali e le strategie di gestione del tempo.

L’esperienza della temporalità nella relazione di cura del caregiver sarà quindi messa in relazione con il network di supporto sociale su cui può fare affidamento, rilevato mediante la metodologia della personal network anlysis (Tronca 2021, 2013).

I risultati della ricerca evidenziano come la percezione del tempo da parte dei caregiver informali dipende in larga misura dal grado di supporto sociale di cui dispone. Le interviste mostrano che il tempo viene vissuto diversamente a seconda della disponibilità di aiuti pratici e psicologici: quando il supporto è adeguato, il caregiver può pianificare e progettare il futuro; quando manca, il tempo diventa un flusso indistinto dominato dall’urgenza e dalla

rinuncia. Coloro che ricevono aiuti da familiari o servizi dedicati riferiscono una maggiore prevedibilità e una riduzione dello stress quotidiano. Viceversa, chi affronta il lavoro di cura in solitudine sperimenta una compressione del tempo, con la sensazione di non avere mai pause o momenti per sé.

I primi risultati dell’indagine suggeriscono di implementare programmi di supporto che facilitino la gestione del tempo dei caregiver potrebbe non solo migliorare la loro qualità della vita, ma anche favorire una migliore assistenza ai beneficiari. Inoltre, la creazione di reti di supporto tra pari, come gruppi di mutuo aiuto, potrebbe contribuire a una percezione più equilibrata del tempo e a una maggiore resilienza emotiva.

Riferimenti bibliografici

Adelman, R. D., Tmanova, L. L., Delgado, D., Dion, S., & Lachs, M. S. (2014). Caregiver burden: a clinical review. JAMA, 311(10), pp. 1052-1060.

Bramanti, D., Lombi, L., Nanetti, S. (a cura di), (2023). L’intervista diadica intergenerazionale. Acireale: Bonanno

Carretero, S., Garcés, J., Ródenas, F., & Sanjosé, V. (2009). The informal caregiver's burden of dependent people: Theory and empirical review. Archives of Gerontology and Geriatrics, 49(1), pp. 74-79.

Chappell, N. L., & Funk, L. M. (2011). Social support, caregiving, and aging. Canadian Journal on Aging/La Revue canadienne du vieillissement, 30(3), pp. 355-370.

COFACE Families Europe (2017). Who Cares? Study on the challenges and needs of family carers in Europe. Bruselles: COFACE.

Kelly, P., Heyman, J. & White-Ryan, L. (2017). The Impact of Time Spent Caregiving on the Lives of The Hidden Workforce of Unpaid Caregivers. Innov Aging. Jun 30;1(Suppl 1): pp. 814–5.

MacRuer, R. (2018). Crip Times: Disability, Globalization, and Resistance. New York University Press: New York.

Pinquart, M., & Sörensen, S. (2003). Differences between caregivers and noncaregivers in psychological health and physical health: A meta-analysis. Psychology and Aging, 18(2), pp. 250-267.

Rosa, H. (2015). Accelerazione e alienazione. Per una teoria critica del tempo nella tarda modernità. Torino: Einaudi.

Schulz, R., & Sherwood, P. R. (2008). Physical and mental health effects of family caregiving. The American Journal of Nursing, 108(Suppl 9), pp. 23-27.

Tronca L. (2021), I personal network di sostegno e consumo ai tempi del COVID-19, in Id. e D. Secondulfo (a cura di), Terzo rapporto dell’Osservatorio sui consumi delle famiglie. Consumi e consumatori al tempo del COVID-19, Milano: FrancoAngeli, pp. 110-147.

Tronca, L. (2013). Sociologia relazionale e social network analysis. Analisi delle strutture sociali, Milano: FrancoAngeli.

Urwin, S., Lau, Y.S., Grande, G., & Sutton, M. (2023). Informal caregiving and the allocation of time: implications for opportunity costs and measurement, Social Science & Medicine, 334. https://doi.org/10.1016/j.socscimed.2023.116164.

TERZO CONTRIBUTO

Me time e foreverismo: l’hic et nunc dei caregiver delle persone con disabilità

Marianna Coppola Università Giustino Fortunato – e-mail: m.coppola@unifortunato.eu Emiliana Mangone Università degli Studi di Salerno – e-mail: emangone@unisa.it
Giuseppe Masullo Università degli Studi di Salerno –e-mail: gmasullo@unisa.it

La comunicazione di una diagnosi di disabilità non è un aspetto che investe solo la persona coinvolta ma determina un effetto di rielaborazione e rinegoziazione di diversi aspetti della vita quotidiana e della realtà sociale della rete di sostegno in cui è inserito (in primis la famiglia).

Questo complesso e articolato processo di rielaborazione coinvolge necessariamente la dimensione temporale, un tempo che è da considerare nell’accezione polisemica del termine e degli universi simbolici che investe: un tempo tangibile e fattuale, ovvero il tempo dedicato alla cura da parte del caregiver verso la persona con disabilità che, talvolta, sottrae tempo ad altri ambiti di vita quotidiana come il lavoro, la sfera degli hobbies e delle passioni, l’ambito delle relazioni e dei rapporti sociali; un tempo immateriale e concettuale ovvero la progettazione del futuro, un futuro personale, della relazione diadica con la persona assistita in termine di sussistenza e riposizionamento sociale in caso di morte del caregiver o di impossibilità – da parte di questi – a continuare l’azione di cura (in particolare se è un familiare stretto).

In questa prospettiva un ruolo centrare lo svolgono la rete di sostegno e il social support network posseduto dal caregiver, come ambito relazionale in cui rintracciare sostegno, confronto e conforto nei momenti di necessità o come safe space.

Il presente contributo ha lo scopo di analizzare gli aspetti psicologici, sociali e immaginari della percezione e del rapporto con il tempo di cura e della progettazione del futuro da parte dei caregiver che assistono persone con disabilità. A tal scopo è stata condotta un’indagine di tipo qualitativo, attraverso interviste diadiche, di 25 caregiver di persone con disabilità, residenti in diversi regioni d’Italia.

Dalle interviste e dalle storie di vita prese in analisi è emersa una difficoltà del caregiver nell’organizzazione del tempo di cura, difficoltà che si riflette spesso in una riduzione progressiva del tempo personale per dedicarsi totalmente all’azione di caregiving. In questo caso la funzione della rete di supporto e delle persone che rientrano nella sfera dell’aiuto è di supplenza operativa, ovvero un possibile sostegno nelle attività di cura per permettere al caregiver di utilizzare uno spazio temporale per sé – ricerca del Me time -. Per quanto

riguarda la progettazione del futuro, dall’analisi delle interviste, emerge una tendenza a negare il dolore e a non pensare al futuro in termini negativi e degenerativi, una modalità di vivere il tempo in linea con il recente pensiero foreverista - che ha tra i suoi assiomi l’idea di concentrarsi sul presente e celebrare il passato, negando la finitezza della vita -.

In questa prospettiva il sistema familiare e sociale delle persone con disabilità non pianifica il futuro su una progettualità di “lunga durata” ma tende a concentrarsi sul qui ed ora, senza avviare progetti di “Dopo di noi” o piani di “Responsabilità condivisa”, con importanti ricadute sia sulla vita della persona con disabilità, sia sul sistema familiare e sociale in cui la stessa è inserita.

Riferimenti Bibliografici

Benner P. (1984) From novice to expert. Excellence and power in clinical nursing practice, Menlo Park, Addison-Wesley.

Biancu S. (2014) Presente. Una piccola etica del tempo, Cinisello Balsamo, San Paolo.

Collière M.F. (1992) Aiutare a vivere. Dal sapere delle donne all’assistenza infermieristica, Milano, Sorbona.

Gamelli I (2005) Sensibili al corpo, i gesti della formazione e della cura, Roma, Meltemi.

Giuliani L, Piredda M, Ghilardi G, D. Marinis M.G. (2015) Patient’s perception of time in palliative care: a metasynthesis of qualitative studies. Journal of Hospice & Palliative Nursing, 17: 413-426.

Grafton Tanner, Foreverismo. Fenomenologia di ciò che non finisce, trad. e cura it. di R. Clamar, D. Sisto, effequ, Firenze 2024.

Petrini M et al. Health Issues and Informal Caregiving in Europe and Italy. Annali dell'Istituto Superiore di Sanità. 2019; 55(1): 41-50

Petrini M, d'Amore A, Chiarotti F, Borgi M, Carè A, Ortona E. Stress, salute e differenza di genere nei Cargiver familiari. Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità. 2023; 36(7-8): 13-15

Sunders J. (2021) Me Time: The self-care guide that transforms you from surviving to thriving, New York, White Lion Publishing.

QUARTO CONTRIBUTO

Non è solo lavoro. Il capitale sociale per i caregiver professionali

Rita Affatigato
Università di Palermo – e-mail: rita.affatigato@unipa.it
Roberta Teresa Di Rosa
Università di Palermo – e-mail: robertateresa.dirosa@unipa.it
Gaetano Gucciardo
Università di Palermo – e-mail: gaetano.gucciardo@unipa.it

Abbiamo studiato le relazioni di cura professionali attraverso dieci interviste diadiche a caregiver professionali e a una persona di riferimento del/la caregiver professionale stesso/a. Dai casi studiati emergono alcune regolarità nelle dinamiche di relazione che sono esplorate nel nostro contributo.

I caregiver tendono a costruire relazioni significative con la persona assistita che vanno ben al di là della relazione professionale. E, quando la relazione con la persona assistita non offre possibilità di relazionalità e significatività, il/la caregiver le trova nella relazione con la persona di riferimento.

Dai risultati delle interviste diadiche emerge come ciascuna diade (caregiver/persona assistita e caregiver/persona di riferimento) sviluppi, anche al di là della cornice dei ruoli lavorativi, relazioni basate sullo scambio di consigli, opportunità, affettività, sostegno morale e materiale. Una reciprocità che, da un lato, qualifica la motivazione alla cura, dall’altro esprime anche la permeabilità della cura stessa, tanto da rendere difficile la separazione con il contesto lavorativo.

Questa regolarità può essere spiegata con la carenza di capitale sociale del caregiver. Quando il caregiver è povero di relazioni sociali compensa con le relazioni con la persona assistita e con la sua famiglia. Ma la relazione viene riempita di significati anche se tra caregiver e persona assistita c’è un differenziale di capitale culturale a vantaggio di quest’ultima. In questo caso il rapporto di assistenza e cura si capovolge: l’assistito/a finisce col dare al/la caregiver una assistenza di vario tipo (da quella psicologica a quella per gli adempimenti burocratici).

Un altro scenario è quello nel quale la carenza di capitale sociale del caregiver è generata dal tipo di contratto di lavoro così totalizzante che non gli concede tempo di vita al di fuori della

relazione con la persona assistita (non solo presta il proprio lavoro, ma vive mangia e dorme a casa della persona assistita). È una condizione che preclude la possibilità di una vita di relazione che non sia quella offerta dalla persona assistita, dalla sua famiglia e dalla cerchia delle persone attorno ad essa. In queste condizioni, abbiamo trovato che il/la caregiver investe significativamente nella relazionalità (sociale, affettiva, del tempo libero) nel contesto stesso del lavoro. Conferisce dunque un significato molto più che professionale alla relazione di lavoro che diventa sociale e affettiva.

Le regolarità che abbiamo trovato nelle nostre storie avranno bisogno di essere confermate con numeri più ampi. Questi casi, tuttavia, sembrano dirci qualcosa che può andare al di là dei numeri. La relazione di assistenza non riesce a stare dentro i confini della mera relazione professionale. Ha bisogno di una reciprocità che si nutre di capitale sociale e, nello stesso tempo, lo nutre.

Riferimenti bibliografici

Bertani M. (2010), “Il capitale sociale come bene relazionale. Un’applicazione della network analysis nello studio delle reti di social support degli immigrati” in Mondi Migranti, 2, DOI: 10.3280/MM2010-002010;

Bertani, M., Di Nicola P. (2012), “Presentazione” in Sociologia e Politiche sociali, n. 1, pp 5-7, DOI: 10.3280/SP2012-001001;

Bertani, M., Di Nicola P. (2012), “Il capitale sociale nello studio delle migrazioni” in Sociologia e Politiche sociali, n. 1, pp 9-29, DOI: 10.3280/SP2012-001002;

Bramanti, D., Lombi, L., Nanetti, S., L’intervista diadica intergenerazionale, Bonanno Editore, Roma 2023: 73 [https://hdl.handle.net/10807/236955];

Donati, P., Il capitale sociale. L’approccio relazionale, Franco Angeli, Milano 2007;

Di Nicola, P., Stanzani, S. e Tronca, L. (2010), Forme e contenuti delle reti di sostegno. Il capitale sociale a Verona, Milano, FrancoAngeli;

Di Nicola, P. (2013), «Capitale sociale, qualità delle relazioni, qualità della vita: benessere e soddisfazione» in Sociologia italiana, n. 1;

Di Nicola P., Stanzani S., Tronca L. (2011). «Social Personal Networks as Social Capital: a Reserch Strategy to Measure Contents and Forms of Social Support» in Italian Sociological Review, 1 (1), pp. 1-14, DOI: 10.13136/isr.v1i1.7.1.



 
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