La teoria sociale converge nell’indicare il futuro come la dimensione temporale principale della modernità: progresso, emancipazione e utopia si intrecciano in un atteggiamento culturale prospettico (Koselleck 1985, Berman 1982). Non sorprende, quindi, che una delle riflessioni più significative nel delineare la fase successiva alla modernità sottolinei proprio il declino della centralità del futuro a favore del presente (Nowotny 1993, Lübbe 2009) e il “presentismo” come regime temporale dominante nelle società avanzate (Hartog 2015). Tuttavia, la perdita di valore culturale del futuro non implica la sua scomparsa: immaginare, anticipare e progettare ciò che verrà rimangono questioni cruciali. Di conseguenza, resta rilevante una sociologia delle aspirazioni e delle aspettative (Urry 2016; Beckert, Suckert 2021) che esplori il legame tra scelte individuali e visioni collettive.
Tra catastrofismo e narrazione commerciale del progresso, emergono esperienze che offrono alle scienze sociali un’occasione per riflettere sul rapporto tra immaginario collettivo e coscienza politica, riaprendo il dibattito sul ritorno di una dimensione utopica. Il panel ha l’ambizione di mettere in dialogo alcune esperienze di ricerca nel contesto italiano che, negli ultimi anni, hanno concentrato la loro attenzione sulla riemersione del futuro nelle biografie e nei macro-fenomeni collettivi.
Il primo contributo riferisce i dati di un’indagine longitudinale quali-quantitativa che ha studiato le pratiche con cui i giovani agiscono riflessivamente all’interno dei contesti quotidiani, ridefinendone confini, possibilità e spazi di identità. Nella costruzione delle identità giovanili emergono dinamiche di azione inedite (ad esempio sotto il profilo della partecipazione politica), dotate di senso e di concretezza e plasmate da una sorta di «utopia del possibile».
Il secondo contributo analizza criticamente come le tecnologie digitali stiano plasmando la temporalità contemporanea. Nel quotidiano, la cultura digitale si propone come ambiente di elaborazione del futuro ma, sia da un punto di vista tecnico che retorico, esso appare al momento sintetizzato nella forma dell’anticipazione, funzionale alle esigenze del presente.
Il terzo contributo analizza i processi di soggettivazione dei giovani imprenditori italiani in relazione alle visioni del futuro imposte dal regime neoliberale e a quelle autonomamente elaborate. Lo studio evidenzia un continuum tra due poli: l’esilio, caratterizzato dalla perdita delle radici e dall’isolamento, e il pellegrinaggio, inteso come ritorno creativo alla comunità. In questo quadro, le tecniche di cura del sé aprono spazi di riflessività, permettendo di immaginare forme di soggettivazione alternative alla logica neoliberale.
Il quarto, infine, esplora come la conoscenza della violenza di genere si costruisca all'intersezione di tre temporalità: la cronaca giornalistica, spesso sensazionalistica e presentista; la prospettiva femminista, che colloca il fenomeno in un quadro di lungo periodo; e l’expertise di professionisti e società civile. Attraverso l'analisi della stampa locale, si indagano le tensioni tra presente e futuro, evidenziando il ruolo dei dati come strumenti di conflitto, potere e trasformazione sociale.
La costruzione biografica giovanile, l’impegno privato e pubblico di adozione dell’innovazione tecnologica e produttiva, la lotta per il superamento delle discriminazioni di genere propongono un’estensione dell’orizzonte temporale condiviso (Leccardi, Jedlowski, Cavalli 2023; Di Chio 2015), favorendo una visione del futuro che oscilla costantemente tra immaginazione e azione concreta nel presente (Cooper 2014). Si tratta di utopie diverse da quelle che hanno caratterizzato il ‘900: non più basate sulla realizzazione di un modello ideale, ma sulla costruzione continua del cambiamento (Santambrogio 2022).
Queste nuove forme di utopia, definite “possibili” (Geugen, Laurent 2022), sono radicate nelle esperienze quotidiane, nelle biografie individuali e nella corporeità (Adam, Groves 2007; Mandich 2024), riconoscendo il legame profondo tra progettualità e ambiente sociale. Nei settori presi in esame dal panel, la necessità di un ripensamento radicale della temporalità emerge dall’intersezione tra vulnerabilità fisica, esperienza diretta del pericolo o della discriminazione, sensibilità emotiva e capacità di “sentire” il futuro (Mandich, Satta e Cuzzocrea 2024). L’utopia possibile, in questo senso, si configura come una risposta alla neutralizzazione etica del presentismo, promuovendo la richiesta di nuove istituzioni capaci di considerare il futuro come una responsabilità collettiva, che tenga conto degli effetti a lungo termine e della solidarietà tra le generazioni.
Primo paper
Vite aperte al possibile… un’analisi dei vissuti giovanili in Italia
Maria Grazia Gambardella e Carmen Leccardi (Università Milano-Bicocca)
Com’è ben noto, al cuore della concezione moderna di biografia c’è la capacità di progettare e di progettarsi [Berger e Luckmann 1966]. Il nesso tra progetti e biografia risulta, se possibile, ulteriormente stretto nel tempo che stiamo vivendo. Esso dipende sempre di più dalle decisioni dell’attore sociale, dalla sua capacità di agency in un contesto problematico come il nostro [Rampazi 2009].
Ciò accade perché la modernità contemporanea mette in gioco tutte le certezze, ridiscute le identità, crea nuovi rischi personali e sociali, riconfigurando il rapporto con le istituzioni e imponendo una «individualizzazione degli individui» [Beck et al. 2003], tutti fattori che rendono intrinsecamente instabile la vita sociale e spingono i soggetti a farsi più riflessivi. L’azione umana e sociale è sempre meno guidata dall’habitus e sempre più dal bisogno, tra l’altro, di comprendere il senso ultimo delle proprie scelte.
Queste dinamiche coinvolgono in particolare i giovani in quanto impegnati nei difficili processi di transizione all’età adulta, e dunque di ri-ridefinizione identitaria. A loro è richiesto di utilizzare qualità che oltrepassano la sfera meramente cognitiva, di tenere insieme emozioni [Cerulo 2024; Santambrogio 2021], forme plurime di razionalità e percorsi ricognitivi esterni e interiori. In questa cornice, i giovani devono saper costruire un repertorio quasi infinito di «mosse di riserva», di pratiche adattive ed esplorative per navigare nella contingenza [Leccardi 2012; Wyn et al. 2020] e declinare in modo nuovo le aspirazioni all’autonomia e all’indipendenza.
A partire da questi presupposti, nel giugno del 2019 il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca ha avviato un’indagine longitudinale quali-quantitativa sui corsi di vita in Italia. In particolare, il gruppo qualitativo si è concentrato sull’analisi dei vissuti giovanili, delle vite di giovani uomini e donne impegnati nei processi di transizione alla vita adulta.
Nel corso di tre wave di rilevazione (2020, 2021, 2022) sono state realizzate più di 300 interviste in profondità fra giovani tra i 23 e i 29 anni e 18 focus group con 80 studenti universitari (tra i 20 e i 25 anni) di tre grandi atenei collocati in contesti metropolitani (rispettivamente nel nord, nel centro e nel sud Italia).
Alla luce degli esiti di questa ricerca [Leccardi 2024], il paper si concentra sulle pratiche attraverso le quali i giovani agiscono riflessivamente all’interno dei loro contesti quotidiani, ridefinendone confini, possibilità e spazi di identità [Martuccelli 2014]. Detto altrimenti, abbiamo voluto capire, in un quadro tutt’altro che facile, se, in che misura e secondo quali modalità, i nostri giovani siano comunque in grado di «addomesticare l’incertezza», trasformando condizioni sfavorevoli di partenza in dinamiche di mutamento aperte al possibile.
L’indagine ha analizzato diverse aree tematiche, ma in particolare è emerso come la ri-definizione di pratiche temporali del quotidiano rappresenti la principale dimensione strategica messa in atto dai giovani e dalle giovani incontrati nel tentativo di aprirsi comunque a prospettive di mutamento direzionato.
Immersi in un ambiente fortemente marcato da ambivalenze e insicurezze, i soggetti scelgono di agire in un orizzonte di breve respiro, entro cui poter controllare le conseguenze delle proprie azioni. Questo processo non genera tuttavia una fuga dal futuro o un puro e semplice appiattimento sul presente; produce piuttosto anche dinamiche di azione inedite (ad esempio sotto il profilo della partecipazione politica), dotate di senso e di concretezza [Mandich 2020]. Il terreno della costruzione identitaria diviene dunque sempre più quello delle pratiche quotidiane - luogo per eccellenza del presente. In questo spazio temporale i soggetti affermano la propria vita come ‘età del possibile’. Senza ovviamente ignorare i vincoli strutturali, da alcuni soggetti il tempo può essere infatti percorso e vissuto nella consapevolezza che punti di vista diversi dal mainstreaming (ad esempio sotto il profilo biografico) sono comunque oggi praticabili. Vengono messe in atto, in tal modo, forme di time work [Flaherty 2020], forme di agency temporale capaci di sopperire all’impossibilità di costruire veri e propri progetti a lungo termine attraverso forme di sperimentazione centrate sul qui-e-ora del presente.
Prendono forma, in tal modo, azioni plasmate da una sorta di «utopia del possibile». Mentre la forza di orizzonti utopici tradizionalmente intesi languisce, la capacità di reinventare la relazione tra passato, presente e futuro a partire dal quotidiano si rafforza [Camozzi 2022].
In altre parole, il presentismo tout court sembra alle nostre spalle, almeno sul piano individuale. Senza, ovviamente, voler negare la crisi del futuro a lungo termine in cui siamo immersi, nuove rappresentazioni del mondo e del suo tempo vanno facendosi strada tra i giovani.
Riferimenti bibliografici
Beck, U., Bonss, W. e Lau, C. [2003], The theory of reflexive modernization: Problematic, hypotheses and research programme, in «Theory, Culture & Society», 20, 2, pp. 1-33.
Berger, P. e Luckmann, T. [1966], The Social Construction of Reality: A Treatise in the Sociology of Knowledge, New York, Doubleday.
Camozzi, I. [2022], La forza trasformativa delle utopie quotidiane. Un’introduzione, in «Cambio. Rivista sulle trasformazioni sociali», 12(24), pp. 5-14.
Cerulo, M. [2024], Sociologia delle emozioni, Bologna, il Mulino.
Flaherty, M.G. [2020], The lathe of time. Some principles of temporal agency, in M. G. Flaherty, L. Meinert e A.L. Dalsgârd (a cura di), Time Work. Studies of Temporal Agency, New York-Oxford, Berghahn, pp. 13-28.
Leccardi, C. [2012], I giovani di fronte al futuro: tra tempo storico e tempo biografico, in O. De Leonardis e M. Deriu (a cura di), Il futuro nel quotidiano. Studi sociologici sulla capacità di aspirare, Milano, Egea.
Leccardi, C. [2024] (a cura di), Vite aperte al possibile. Un’indagine longitudinale qualitativa sulle realtà giovanili in Italia, Bologna, il Mulino.
Mandich, G. [2020], Modes of engagement with the future in everyday life, in «Time & Society», 29, 3, pp. 681-703.
Martuccelli, D. [2014], Les sociétés et l’impossible. Les limites imaginaires de la réalité, Paris, Armand Colin.
Rampazi, M. [2009], Storie di normale incertezza. Le sfide dell’identità nella società del rischio, Milano, LED.
Santambrogio, A. [2021], Il mondo emotivo comune. Un approccio fenomenologico alla sociologia delle emozioni in «SocietàMutamentoPolitica», 12(24), pp. 13-24.
Wyn, J., Cahill, H., Woodman, D., Cuervo, H., Leccardi, C. e Chester, J. [2020] (a cura di), Youth and New Adulthood. Generation of Change, Berlin, Springer.
Secondo Paper
L’utopia anticipata. Il futuro nella temporalità digitale.
Sabino Di Chio (Università di Bari Aldo Moro)
Come tutte le determinazioni culturali, anche le tecnologie contribuiscono alla produzione delle temporalità. Nel contesto culturale contemporaneo, ritenuto in letteratura prevalentemente presentista (Hartog 2015; Lübbe 2009), all’innovazione tecnologica digitale è riconosciuto il ruolo di laboratorio dell’elaborazione del futuro. Nel quotidiano, l’utilizzo dei dispositivi digitali riduce per gli utenti i costi delle azioni orientate al futuro: programmazione, progettazione, prevenzione, gestione delle emergenze. Nella sfera pubblica, la cultura digitale appare un bacino di pratiche e discorsi che indicano la strada dell’emancipazione collettiva: è un’impronta che accomuna sia il lato strumentale, orientato al decision-making attraverso gli algoritmi, sia quello narrativo, declinato sulla promessa costante di liberazione da vincoli burocratici e cognitivi.
Per esplorare l’apparente contraddizione tra enfasi digitale sul futuro e una forma di vita contemporanea segnata da incertezza strutturale e primato del presente, il paper che proponiamo per il VII convegno nazionale SISCC riporta i primi risultati di un’indagine critica della temporalità digitale, svolta attraverso la mappatura dei principali contributi sul tema nel dibattito teorico-sociale contemporaneo.
Da un punto di vista tecnico, nel digitale il futuro interessa in quanto oggetto di una predizione. Il cuore dell’innovazione risiede nell’elezione dei dati a nuovo fattore produttivo. Il processo di produzione in serie dei dati, la datificazione, è combustibile di un’operazione di contemplazione del futuro: l’analisi predittiva (Mayer-Schönberger, Cukier 2013). Essa permette di ridurre l’incertezza mettendo al servizio della ponderazione della plausibilità degli scenari una potenza di calcolo delle probabilità inedita. Il rafforzamento dell’analisi predittiva però, è letto come foriero del rischio di una ingegnerizzazione dei comportamenti, ovvero l’adozione di una “economia d’azione” per provocare reazioni emotive, acquisti, spostamenti fisici sempre più prevedibili e quindi commercializzabili (Zuboff 2019).
Da un punto di vista retorico, invece, il futuro interessa in quanto oggetto di una promessa perpetua. Nel dibattito, le tech companies si distinguono per l’insistenza su un futuro a breve termine, costantemente in procinto di realizzarsi (Balbi 2022). Gli operatori si propongono come medium in grado di accelerare il corso del tempo per ridurre il gap tra un presente imperfetto e la soluzione imminente. Fuori dalle immediate esigenze del marketing, la riflessione socio-filosofica sul futuro offerta dai think tank allineati alle sensibilità della Silicon Valley si riconoscono in un’ideologia “lungotermista” (Bostrom 2014, MacAskill 2022) in cui l’etica mutua l’approccio quantitativo della datificazione algoritmica per massimizzare decisioni politiche e interventi di beneficenza privata in grado di ridurre il rischio di estinzione della specie umana. Le dottrine lungotermiste hanno il merito di riportare il lungo periodo al centro dell’attenzione ma, risultando basate su una fiducia acritica nelle tecnologie e nelle forme di governance economiche contemporanee, rivelano un presentismo latente che invita ad incidere sulle decisioni politiche individuando nell’attualità una favorevole “plasticità” idonea a trasformazioni radicali.
Se si integrano le visuali tecniche e retoriche, emerge un filo rosso che le unisce nella promozione di un futuro messo al servizio delle esigenze immediate del presente. Il futuro della cultura digitale sembra assumere una forma definita, quella della anticipazione (Kitchin 2023): il compito dello sguardo prospettico è reincantare il presente attraverso una speculazione sul futuro (Adams et al. 2009) affinché esso possa essere il prima possibile spendibile nelle forme di soluzione, insight, acquisto, consulenza.
Riferimenti bibliografici
Adams, V., Murphy, M. and Clarke, A. E. (2009) “Anticipation: Technoscience, life, affect, temporality”. Subjectivity, 28(1): 246–65.
Balbi, G. (2022), L’ultima ideologia. Breve storia della rivoluzione digitale, Roma-Bari: Laterza
Bostrom, N. (2014) Superintelligence. Paths, Dangers, Strategies, Oxford: Oxford University Press.
Hartog, F. (2015) Regimes of Historicity: Presentism and Experiences of Time, New York, NY: Columbia University Press.
Kitchin, R. (2023) Digital Timescapes, Cambridge: Polity.
Lübbe, H. (2009) ‘The Contraction of the Present’, in H. Rosa and W.E. Scheuerman (eds) High- Speed Society: Social Acceleration, Power, and Modernity, University Park, PA: Penn State University Press, pp 159– 178.
MacAskill, W. (2022), What we owe the future, London: Oneworld.
Mayer-Schönberger, V. e K. Cukier (2013) Big Data, Milano, Garzanti.
Nowotny H. (1993), Tempo privato, Bologna: Il Mulino.
Zuboff, S. (2019), Il Capitalismo della Sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Roma: Luiss University Press
Terzo paper
Un futuro tra impresa e utopia: soggettivazioni di giovani imprenditori.
Roberto Serpieri e Sandra Vatrella (Università di Napoli Federico II)
Il contributo propone la rielaborazione di alcuni risultati emersi nell’ambito del Progetto di ricerca Prin 2017: “Mapping Youth Futures. Forms of anticipation and youth agency” (Serpieri, Vatrella 2024; Vatrella, Serpieri 2022); progetto con il quale si è inteso analizzare il modo in cui i giovani italiani “project into the future and how this informs young people’s current lives, strategies and multiple transitions” (https://www.mappingyouthfutures.it/). Si tratta di un obiettivo ambizioso perseguito attraverso una strategia investigativa che ha impegnato l’unità di ricerca dell’Università di Napoli Federico II, nella realizzazione di 40 interviste discorsive a giovani imprenditori di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
A partire da questa cornice, la nostra proposta si focalizza sui processi di soggettivazione (Foucault 2005) dei giovani imprenditori e sul modo in cui questi processi incorporano specifiche visioni del futuro, risultanti dall’intersezione tra le proiezioni implicate nelle soggettivazioni veicolate dal regime di verità neoliberale e quelle ricercate in forma autonoma e consapevole. Queste ultime sono studiate attraverso l’analisi delle tecnologie per la cura del sé (Foucault 1992): quell’insieme di pratiche, cioè, alle quali i giovani ricorrono lungo il percorso che conduce (almeno nelle intenzioni e nelle prefigurazioni individuali) all’acquisizione di uno stato ritenuto auspicabile.
Lo studio mostra come i processi di soggettivazione assumano configurazioni ambivalenti fortemente connesse al modo in cui costoro interpretano se stessi in relazione agli spazi sociali di cui hanno fatto esperienza: lo spazio delle origini, ma anche quello della formazione del loro “capitale umano” attraverso l'investimento in competenze e in processi di mobilità territoriale (Foucault 2005). Questa specifica focalizzazione ci consente di “situare” i processi di soggettivazione indagati collocandoli lungo un continuum compreso tra due poli. Il polo dell’esilio costituito da coloro che patiscono la perdita, la mancanza delle radici, in un orizzonte che li costringe ai margini della storia da cui sono ri-mossi e, dunque, in direzione di un futuro di impresa, per lo più solitario; e il polo del pellegrinaggio; di coloro che intraprendono la via del ritorno, che ritornano cioè alla patria perduta, quale meta utopica da ri-creare e ri-trovare dentro se stessi e con gli altri.
In conclusione, mentre i processi di costruzione del sé risultano per tutti complessi, ambigui, confusi, in tensione tra istanze confliggenti nella forma e negli esiti, la possibilità o meno di emanciparsi dalle distopie quotidiane, che pure emerge, sembra subordinata alla capacità di rendersi consapevoli della cogenza specifica che il regime di verità neoliberale dispone mediante i riti di passaggio che impone (formazione e mobilità). Al contempo, malgrado i vincoli di s-oggettivazione che in qualche modo esige, il ricorso alle tecniche di cura del sé apre nuovi spazi di riflessività e favorisce la creatività dell’agency orientando il sempre più incerto futuro individuale (cfr. Leccardi 2025) verso l’esplorazione di altre vie e forme della soggettivazione. Entra così in gioco anche una tensione etopoietica (Marzocca 2016) che, se in taluni casi finisce con lo smarrirsi in una resa radicale al nomos neoliberale dell’imprenditore di se stesso, in altri assume consistenza in soggettivazioni “altre”; forme di auto-governo etico situate dentro l’orizzonte utopico di una ecopoiesi comunitaria.
Riferimenti bibliografici
Foucault M. (1992), Tecnologie del sé, in Martin L.H., Gutman H. and Hut-ton P.H., eds., Tecnologie del sé. Un seminario con Michel Foucault, Bol-lati Boringhieri, Torino.
Foucault M. (2005), Nascita della biopolitica: corso al Collège de France (1978-1979), Feltrinelli, Milano.
Leccardi C. (2025), Vite aperte al possibile. Un'indagine longitudinale qualitativa sulle realtà giovanili in Italia, il Mulino.
Marzocca O. (2016), Foucault ingovernabile. Dal bios all’ethos, Meltemi, Milano.
Serpieri, R., & Vatrella, S. (2024). Tecniche del sé e soggettivazione: Confessioni di giovani imprenditori. FrancoAngeli, Roma.
Vatrella S. e Serpieri R. (2022), “Le tecnologie del sé per il futuro. Etopoiesi di un giovane imprenditore”, Studi culturali, 19, 2: 233-252.
Quarto Paper
Violenza di genere e stampa locale: tensioni e intrecci di temporalità nella costruzione dei saperi esperti
Arianna Mainardi, Maria Francesca Murru, Alberta Giorgi (Università di Bergamo)
La politica del nominare e contare è stata fondamentale per i movimenti femministi che si mobilitano contro la violenza di genere (D’Ignazio 2024). Sulla scia della tradizione femminista che discute le basi epistemologiche e metodologiche di ciò che è considerato “scientifico”, la comprensione femminista dei dati mostra che il calcolo non è un atto neutrale, al contrario i dati possono essere uno spazio di conflitto e potere (D’Ignazio et al. 2023). La produzione di dati alternativi su molestie e femminicidi, transicidi, lesbicidi, nonché di categorie nuove o perfezionate per la raccolta e l'analisi dei dati è stata di fondamentale importanza per riformulare la questione in gioco e renderla visibile nella sfera pubblica e politica (Walklate and Fitz-Gibbon 2023; Walby 2023). Le sfide a questa forma di produzione di conoscenza incarnata, situata e collettiva hanno riguardato la legittimazione delle competenze e la circolazione dei dati (Cayli Messina 2022).
Analizzando la stampa locale, il contributo si propone di esplorare come la conoscenza della violenza di genere si costruisce all’intersezione tra tre dimensioni temporali concorrenti.
La prima coincide con la temporalità giornalistica della cronaca intorno alla violenza di genere, in larga parte raccontata attraverso frame “presentisti” ed episodici, che evocano, in un quadro sensazionalistico, un’eccezionalità che pare situata fuori dal tempo (Barnhurst 2011; Franciscato 2005; Zelizer 2021). La seconda riguarda la temporalità messa in gioco dalla riflessione femminista rispetto alla costruzione dei dati, che legge le violenze di genere in una prospettiva di lungo periodo (Weil 2016). La terza dimensione, infine, considera la temporalità delle expertise che trovano spazio nel discorso giornalistico attraverso l’esposizione di saperi a vario titolo “esperti”, come professionisti e società civile (Laursen e Trapp 2019; Mathisen 2021).
L’intersezione tra le tre temporalità attiva tensioni tra presente e un immaginario di futuro. Analizzando la discussione sui dati relativi alla violenza di genere nella stampa locale, il documento si propone di esplorare le grammatiche e i frame sull'expertise che circolano nella sfera pubblica, il modo in cui i movimenti sociali li affrontano e le diverse tensioni temporali che mettono in gioco.
Riferimenti bibliografici
Barnhurst, K (2011) The problem of modern time in American journalism. KronoScope 11(1–2): 98–123.
Cayli Messina, B. (2022). Breaking the silence on femicide: How women challenge epistemic injustice and male violence. The British Journal of Sociology, 73(4), 859–884.
D’Ignazio, C. (2024) Counting Feminicide: Data Feminism in Action. MIT Press.
D’Ignazio, C., Cruxên, I., Suárez Val, H., Martinez Cuba, A., García-Montes, M., Fumega, S., Suresh, H., & So, W. (2022). Feminicide and counterdata production: Activist efforts to monitor and challenge gender-related violence. Patterns (New York, N.Y.), 3(7), 100530.
Franciscato, C. (2005) Journalism and change in the experience of time in western societies. Brazilian Journalism Research 1(1): 155–175.
Laursen, B., & Trapp, N. L. (2019). Experts or Advocates: Shifting Roles of Central Sources Used by Journalists in News Stories? Journalism Practice, 15(1), 1–18. https://doi.org/10.1080/17512786.2019.1695537
Mathisen, B. R. (2021). Sourcing Practice in Local Media: Diversity and Media Shadows. Journalism Practice, 17(4), 647–663. https://doi.org/10.1080/17512786.2021.1942147
Walby, S. (2023). What is femicide? The United Nations and the measurement of progress in complex epistemic systems. Current Sociology. La Sociologie Contemporaine, 71(1), 10–27.
Walklate, S., & Fitz-Gibbon, K. (2023). Re-imagining the measurement of femicide: From ‘thin’ counts to ‘thick’ counts. Current Sociology. La Sociologie Contemporaine, 71(1), 28–42.
Weil, S. (2016). Making femicide visible. Current Sociology. La Sociologie Contemporaine, 64(7), 1124–1137.
Zelizer, B. (2021). Why journalism’s default neglect of temporality is a problem. Media, Culture & Society, 43(7), 1213-1229.