Programma della conferenza

VII “Non c’è più tempo!” Crisi ed emergenze nella società contemporanea / Cagliari, 19/20 giugno 2025

In un’epoca segnata da crisi ricorrenti e da un senso di urgenza perpetua, il concetto di tempo emerge come una lente imprescindibile per analizzare e comprendere la società contemporanea. Il convegno SISCC 2025, organizzato dalla “Società Scientifica Italiana di Sociologia, Cultura e Comunicazione”, intende riflettere sulle molteplici declinazioni del tempo nel contesto delle crisi odierne, esplorando come l’accelerazione dei ritmi di vita e la proliferazione delle emergenze stiano ridefinendo dimensioni fondamentali dell’educazione, della comunicazione e della vita quotidiana.

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 2 - Panel 06: Genere, identità e intimità
Ora:
Giovedì, 19/06/2025:
15:15 - 17:15

Chair di sessione: Paola Rebughini
Luogo, sala: Aula 6 (A1-F)

1° piano. Edificio A (Palazzo Baffi) Campus Sant'Ignazio. Via Sant'Ignazio da Laconi, 74 (CA)

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Presentazioni

Negotiating migrant masculinities in the context of domestic time and space

Ester Gallo1, Francesca Scrinzi2

1University of Trento, Italy; 2University of Glasgow, Regno Unito; Gran Bretagna

How is the temporality of migration gendered, shaping migrants’ social mobility across the public/private divide? This paper explores the gendered nature of social time in relation to men who migrate as ‘followers’ of their wives and work as domestic/care workers in Italy.

The analysis focuses on men’s temporal experiences of the home, family, and reproductive labour. It suggests, first, how time dilution through ‘waiting’ before emigration and loss of agency constitute an important feature of men’s experiences of dependency and de-skilling, and, secondly, how men negotiate domestic time and space to reassert autonomous male subjectivities as breadwinners.

First, our paper develops a much-needed gendered analysis of the relation between migration and time, mapping how migrant masculinities are forged over biographies and different stages of migration and of the life course, reflecting migrant men’s experience of domestic time. Second, it complements existing analyses of migrant reproductive labour – which mainly focuses on femininities and on space across the private/public divide – through a discussion of the temporal dimensions of men’s (paid and unpaid) care/domestic work.

Our method sheds light on the temporality of gendered migration: we conducted extensive ethnographic research including biographical and semi-structured interviews, in some cases with the same informants, over 15 years. This long timeframe revealed how, in individual biographical trajectories, entering or leaving paid care/domestic work informs shifting models of gender identification across time and through time.



Il tempo dell’intimità: pratiche digitali e identità di genere nella vita quotidiana degli/delle adolescenti

Cosimo Marco Scarcelli1, Lorenza Parisi2, Vittoria Bernardini1, Valentina Fedele2, Raffaella Maiullo3

1Università di Padova; 2Università Link Campus University; 3Università La Sapienza

I media digitali sono ambienti che offrono ai/alle giovani agency e spazi in cui costruire ed esprimere la propria identità (boyd 2014), attraverso pratiche di bricolage (Willett 2008) e di sperimentazione anche per quanto riguarda genere e intimità (Livingstone & Mason 2015; Scarcelli 2015; De Ridder 2017; Metcalfe & Llewellyn 2020; Ferreira 2021). Gli studi esistenti si sono concentrati principalmente sulle interazioni comunicative (ad esempio il “sexting”) in connessione alla costruzione del genere e della sessualità (Ringrose et al. 2013; Scarcelli 2020); sulle dimensioni di genere delle rappresentazioni e autorappresentazioni della maschilità e della femminilità (Marshall et al. 2020; Caldeira 2021) e sull’uso di piattaforme per l’espressione personale e il supporto sociale, in particolare per le donne e le persone LGBTQ+ (Tortajada et al. 2021).

Il tempo gioca un ruolo chiave nella lettura del fenomeno. Le temporalità digitali, caratterizzate da immediatezza, contatto costante - ma anche da improvvise possibilità di disconnessione - favoriscono la permanenza e l’evanescenza dei contenuti scambiati, ridefinendo il tempo della relazione e, di conseguenza, le pratiche di intimità.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare come le/gli adolescenti italiani, nella fascia 16-18 anni, (ri)definiscono la loro concezione di intimità attraverso l’uso dei media digitali nella loro vita quotidiana. Il nostro approccio adotta il paradigma delle media practice (Couldry 2012) per comprendere cosa fanno le/i giovani con e attraverso i media digitali nelle situazioni specifiche di vita quotidiana in cui agiscono, esaminando in che modo le/gli adolescenti (ri)negoziano le loro identità di genere e la vita intima in una prospettiva diacronica.
Il progetto di ricerca su cui si basa questo contributo ha messo le/i giovani e le loro esperienze al centro del processo di ricerca, adottando un approccio di progettazione partecipativa che prevede l’uso di attività pratiche e artefatti materiali per stimolare la creazione di conoscenze e l'apprendimento reciproco tra i/le partecipanti. Nello specifico, le tracce di intervista e le attività per i focus group sono state co-costruite attraverso workshop preliminari con un gruppo di adolescenti (Young Researchers Group), che in qualità di "partner epistemici" (Holmes & Marcus 2012) hanno contribuito all'ideazione del contenuto e della struttura del focus group e delle interviste.

Sono stati realizzati 6 focus group con persone di età compresa tra i 16 e 18 anni delle scuole secondarie di sei città in tre diverse regioni italiane (Nord/Centro/Sud). Per consentire ai/alle partecipanti di esprimersi e riflettere su argomenti sensibili come la sessualità, l'intimità e l’identità di genere i focus group utilizzano i moodboard come metodi di elicitazione visiva (Spawforth-Jones 2021). I risultati dei focus group sono stati successivamente discussi con il gruppo delle/dei Young Researchers per interpretare il contenuto. Infine sono state condotte, sempre in Italia, 60 interviste semi-strutturate che hanno coinvolto ragazze e ragazzi tra i 16 e i 18 anni, con generi e orientamenti diversificati.I risultati descrivono un'ampia gamma di pratiche digitali particolarmente interessanti se analizzate in una prospettiva temporale, quali: l’evoluzione nel corso della adolescenza delle autorappresentazioni di genere sui social media; il ruolo dei media digitali nelle diverse fasi delle relazioni intime e affettive; la fruizione e lo scambio di contenuti intimi tramite smartphone e/o Internet; il monitoraggio costante di altri significativi reso possibile anche dalle funzioni di geolocalizzazione; le pratiche di ricerca e condivisione di informazioni riguardanti questioni di genere o sessuali e la fruizione di contenuti erotici e pornografici in relazione alle diverse fasce di età ed esperienze intime maturate.



Ciao maschi. Emozioni, resistenze temporali e nuove corazze identitarie nell’epoca della crisi della mascolinità

Manolo Farci1, Elena Ceccarelli2

1Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Italia; 2Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Italia

Nell’epoca del capitalismo impaziente (Sennett 2006) e della modernità liquida (Bauman 2000), l’accelerazione dei ritmi di vita e la contingenza delle crisi – economiche, sanitarie, ecologiche e geopolitiche – minano profondamente la "sicurezza ontologica" (Giddens 1990), quel senso di stabilità identitaria che un tempo trovava fondamento nella prevedibilità delle routine e nella solidità delle istituzioni sociali. In particolar modo negli uomini, questo fenomeno alimenta la percezione di una "crisi della mascolinità" (Faludi 1999; Kimmel 2013) che si manifesta anzitutto come disallineamento temporale: i tradizionali modelli di virilità appaiono come relitti storici incompatibili con il presente, mentre nuove aspettative sociali incalzano senza fornire coordinate chiare ai giovani di oggi. Questo spiega perché molti discorsi sulla crisi maschile oscillano tra la celebrazione retorica di una mascolinità tradizionale, ormai difficile da incarnare, e la ricerca di nuovi modelli che rispondano alle richieste del presente, senza rinunciare completamente a un riconoscimento identitario radicato in una continuità temporale.

In questo contesto, la cosiddetta manosphere (Nagle, 2017; Ging 2017), e in particolare i gruppi di attivismo per i diritti maschili, emerge come laboratorio affettivo dove giovani uomini (18-29 anni) elaborano risposte affettivo-discorsive alla pressione temporale della modernità accelerata (De Boise 2017; Allan 2015). Contrariamente allo stereotipo della mascolinità stoica e inespressiva (Seidler, 1989), questi spazi digitali offrono a molti uomini un'arena dove indossare la corazza identitaria del genere per fronteggiare l'ansia di un'età adulta emergente caratterizzata da transizioni irregolari e precarietà strutturale (Farci 2024) . La crisi non viene semplicemente subita, ma attivamente negoziata attraverso strategie di resistenza temporale: da un lato, un ritorno essenzialista che naturalizza i ruoli di genere come "habitus" (Bourdieu 1977), presentandoli come verità biologiche fattuali da recuperare; dall'altro, una retorica nostalgica che interpreta i cambiamenti sociali – particolarmente l'emancipazione femminile – come minacce all'ordine temporale "naturale", rafforzando un'identità collettiva vittimizzata contrapposta a un "loro" (donne e femministe) costruito come causa del disagio (Ahmed 2004).

A partire da questo quadro teorico, obiettivo del presente lavoro è comprendere come la percezione accelerata del tempo sociale influenzi l'espressione e la mobilitazione delle emozioni negli spazi digitali dell’attivismo per i diritti maschili. In particolare, la ricerca esplora: quali emozioni (nostalgia, rabbia, ansia, frustrazione) spingano i giovani uomini verso questi spazi digitali; quali contenuti risuonino emotivamente con il vissuto di precarietà e disallineamento temporale dei partecipanti, rafforzandone il senso di appartenenza; come le emozioni siano strategicamente mobilitate per costruire una continuità biografica, in risposta all’accelerazione sociale e alla frammentazione delle traiettorie di vita; come queste configurazioni affettive contribuiscano a definire una mascolinità oscillante tra resistenza al cambiamento e ricerca di nuovi modelli identitari (Farci 2022; Farci, Righetti 2019).

Per sondare queste dimensioni di analisi, sono state condotte interviste in profondità con dieci partecipanti attivi di pagine Facebook italiane che trattano temi convenzionalmente legati alla manosphere, selezionati attraverso una snowball sampling. L'analisi tematica dei dati raccolti permetterà di comprendere come le complesse, e spesso contraddittorie, negoziazioni emotive all'interno di questi ambienti rappresentino un elemento cruciale per capire come gli uomini interpretano e reagiscono allo spaesamento temporale causato dalla crisi del maschile.



Discriminazione e resistenza nel mondo del lavoro: uno studio sulla comunità digitale r/childfree

Antonia Cava, Maria Gabriella Campolo, Debora Pizzimenti

Università degli Studi di Messina, Italia

Lo studio, realizzato nell’ambito del progetto ****, esplora il fenomeno delle scelte non riproduttive (childfree) attraverso una prospettiva di genere, indagando le implicazioni sociali e professionali vissute da coloro che decidono di non avere figli (Gillespie, 2000; Moore, 2014; Park, 2002; Veevers, 1980). Si analizzano, in particolare, le discussioni nella comunità digitale r/childfree su Reddit, uno dei forum più rilevanti sul tema, mettendo in luce le sfide strutturali e culturali affrontate dai lavoratori childfree, con un focus sulle discriminazioni di genere e sulle asimmetrie nelle aspettative lavorative (Goldscheider et al., 2015; Serri et al., 2019).

La progressiva mercificazione del tempo privato (Harvey,1989) subordina sempre più frequentemente il tempo libero alle esigenze del mercato del lavoro. Questa tendenza si inserisce in quella che viene definita la “società dell’accelerazione” (Rosa, 2015), in cui la compressione dei tempi di vita genera uno stress costante e una precarizzazione delle esperienze quotidiane.

All’interno di molte organizzazioni, il confine tra tempo di vita e tempo di lavoro risulta sempre più sfumato, determinando una crescente pressione temporale, che spesso penalizza coloro che non si conformano ai modelli normativi del lavoratore-genitore (Hochschild, 1997; Gerson, 2011). L’indagine ricostruisce le dinamiche di discriminazione e sovraccarico lavorativo di uomini e donne childfree, evidenziando come le trasformazioni economiche e culturali contemporanee abbiano rafforzato un modello di produttività basato sulla costante disponibilità lavorativa (Wajcman, 2014).

Metodologicamente, lo studio si avvale di un’etnografia digitale (Sumiala & Tikka, 2020) e di un’analisi tematica, condotta manualmente e con il supporto del software Nvivo (Jackson & Bazeley, 2019). L’osservazione non partecipante del subreddit r/childfree, svolta tra luglio e dicembre 2024, si è focalizzata sulle narrazioni relative alle discriminazioni lavorative. A questa fase è seguita l’analisi tematica di 1.448 commenti, che ha permesso di classificare i contenuti in tre macrocategorie: discriminazione sul lavoro, dinamiche professionali e lavorative e commenti irrilevanti (Saldaña, 2021).

I risultati rivelano che i lavoratori e le lavoratrici childfree sono frequentemente percepiti come più disponibili per straordinari e incarichi extra, una supposizione che ignora i loro impegni personali e contribuisce a una distribuzione iniqua del carico di lavoro (Budig & England, 2001). Le donne childfree, in particolare, affrontano ostacoli significativi, poiché la loro scelta amplifica le disuguaglianze di genere già presenti nei contesti professionali (Hochschild & Machung, 2012). Un aspetto centrale emerso dall’analisi riguarda il work-life balance, elemento essenziale per i lavoratori childfree, i quali considerano il proprio tempo libero una risorsa fondamentale per il benessere individuale, il riposo e la coltivazione di interessi extra-lavorativi. Tuttavia, numerosi utenti del subreddit riportano di essere frequentemente sovraccaricati di straordinari, turni extra e incarichi aggiuntivi, poiché i colleghi e le colleghe con figli vengono ritenuti meno disponibili. Questa dinamica si fonda sulla presunzione che chi non ha figli disponga di più tempo per il lavoro, trascurando il valore delle attività personali e la necessità di un equilibrio tra vita professionale e privata. Le misure aziendali volte a conciliare impegni lavorativi e personali tendono spesso a favorire chi ha responsabilità familiari, escludendo chi non rientra in questi schemi, con il rischio di alimentare percezioni di disparità e aspettative implicite di maggiore disponibilità per i dipendenti senza figli (Darcy et al., 2012).

Gli utenti auspicano politiche aziendali che non considerino la genitorialità il principale criterio per determinare flessibilità lavorativa (Hobson & Fahlén, 2009). Sottolineano, inoltre, l’importanza di riforme organizzative che valorizzino la diversità delle scelte di vita, promuovendo una cultura lavorativa più equa e rispettosa delle esigenze individuali (Gill, 2012).



Tra ricerca e comunicazione: come raccontare le storie delle donne in movimento?

Stefania Peca, PIerluigi Musarò

Unibo, Italia

Che ruolo assume la comunicazione e i processi di disseminazione accademica nei percorsi di ricerca sociologica sulla migrazione? Quali sono le sfide da affrontare quando ci si relaziona con temi sensibili, persone vulnerabili e narrazioni mediali? Il progetto **** studia le dinamiche di ritorno delle donne provenienti da Marocco e Tunisia, indagando i meccanismi di successo e fallimento che si celano dietro al desiderio del ritorno e ponendo al centro della ricerca il tema dell’agency delle donne migranti. Il ritorno e le categorie ad esso associate - volontario o forzato, successo o fallimento - è un tema che assume significati complessi e a volte contraddittori, tanto più se si tratta di ritorni al femminile. Che siano associati al frame della sicurezza o a quello umanitario, i discorsi della politica e la retorica dei media restituiscono una migrazione tutta al maschile. Le donne risultano per lo più invisibili, o laddove presenti, soggette a stereotipizzazione dei ruoli: domestica, prostituta, madre, moglie, velata. Proprio per dare più visibilità al lato femminile della migrazione, che spesso è associata anche a scelte di innovazione sociale e imprenditorialità delle donne, oltre che a diventare agenti di cambiamento ed intermediarie nei processi di ritorno, il progetto **** ha posto al centro le attività di comunicazione e disseminazione artistica, che hanno quindi affiancato il processo di ricerca sin dalle prime fasi. Questo ha determinato l’apertura di una riflessione etica e metodologica su come raccontarsi durante il processo di ricerca e su quali strumenti fossero necessari per incidere sulle modalità di narrazione della migrazione femminile di ritorno. Ne sono emersi strumenti di comunicazione e disseminazione che hanno permesso di riflettere ulteriormente sul tema dell’agency delle donne nei processi migratori di arrivo e ritorno e sul ruolo che l’università assume (o può assumere) per far emergere più corrette narrazioni e migliori politiche pubbliche, di ciò che studia ma anche di come agisce nella ricerca. Tutto ciò ha permesso di affiancare ai risultati accademici tipici della ricerca sociale, risultati comunicativi raggiunti attraverso gli account social di progetto, così come strumenti di disseminazione artistica co-costruiti e linee guida operative co-prodotte con enti che operano nell’innovazione sociale sui temi di imprenditività ed imprenditorialità migrante e di genere, ispirati da un approccio post coloniale e femminista.



 
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