Programma della conferenza

VII “Non c’è più tempo!” Crisi ed emergenze nella società contemporanea / Cagliari, 19/20 giugno 2025

In un’epoca segnata da crisi ricorrenti e da un senso di urgenza perpetua, il concetto di tempo emerge come una lente imprescindibile per analizzare e comprendere la società contemporanea. Il convegno SISCC 2025, organizzato dalla “Società Scientifica Italiana di Sociologia, Cultura e Comunicazione”, intende riflettere sulle molteplici declinazioni del tempo nel contesto delle crisi odierne, esplorando come l’accelerazione dei ritmi di vita e la proliferazione delle emergenze stiano ridefinendo dimensioni fondamentali dell’educazione, della comunicazione e della vita quotidiana.

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 2 - Panel 05: Creator e influencer culture
Ora:
Giovedì, 19/06/2025:
15:15 - 17:15

Chair di sessione: Alberto Marinelli
Luogo, sala: Aula Magna ex Facoltà di Scienze Politiche (B0-B)

Piano terra. Edificio B, Campus Sant'Ignazio. Via Sant'Ignazio da Laconi, 78 (CA)

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Presentazioni

"Palestina cooking is resistance”. 
Memoria di cibo e guerra dei food influencer palestinesi.

Claudia Cantale

Università degli Studi di Catania, Italia

La ricerca presentata si concentra sui micro-influencer nel mondo del cibo e del #foodporn nel contesto dell'escalation del conflitto israelo-palestinese. La conversione dei profili degli influencer da “creatori di contenuti dell’industria culturale” a “partecipanti attivi nei movimenti politici” è avvenuta in conseguenza all’inasprirsi della crisi e da un punto di vista empirico è interessante osservare come la grammatica (Gerlitz e Rieder, 2018) e i vernacoli (Burgess, 2006) di Instagram siano stati adattati dai food blogger come depositi di memoria mimetica.

L'egemonia culturale occidentale che caratterizza il mondo professionalizzato dei food blogger, dominato da persone cis-etero abili, è raramente problematizzata. Secondo Salvio (2012) Dejmanee (2019), le culture alimentari delle minoranze vengono saccheggiate, appropriate, colonizzate e mercificate.

Nel caso del cibo palestinese, vanno sottolineati almeno tre fattori fondamentali. Il primo è legato alla necessità della parte palestinese di preservare la propria tradizione e cultura anche attraverso il cibo. La rivendicazione del riconoscimento delle origini di molte ricette tradizionali palestinesi è una questione politica: studiosi israeliani come Yonatan Mendel, Dafne Hirsch e Ilan Baron (Kassis 2023; Shehadeh 2024) sostengono che vi sia stata una progressiva colonizzazione da parte di Israele della cultura culinaria palestinese, che ne mina la sua stessa esistenza. Il secondo è legato al collasso del sistema alimentare come denunciato dall'agenzia ONU World Food Programme (dicembre 2023). La conseguente disumanizzazione, effetto della strumentalizzazione mediatico delle immagini degli attacchi ai camion degli aiuti umanitari, viene contro-narrata dai food blogger palestinesi attraverso la narrativizzazione della routine, la preparazione del cibo, del pasto quotidiano. Il terzo è legato alle strategie di resistenza digitale: nella prima fase del conflitto la computational propaganda (Bonini, Trerè 2024) sembrava discriminare i filo-palestinesi. I digital creators si sono opposti utilizzando strategie di algorithmic amplification, algorithmic evasion, algorithmic hijacking. Il cibo è vettore di messaggi politici e al contempo custode di miti (Kasturi, 2023). Dal punto di vista teorico alla costruzione della memoria collettiva contribuiscono il presente, che viene interpretato secondo le cornici sociali degli individui e insieme narrazioni del passato, che contribuisce alla sua mitizzazione (Halbewachs 1950; Nicolosi 2024). In questo senso assumiamo la prospettiva halbewaachiana che intende la memoria come fatto sociale, ovvero come strumento che ci permette di organizzare il passato potendoci riconoscere dentro precisi racconti.

La ricerca esamina quindi il funzionamento della piattaforma Instagram (follow the media) insieme all’analisi di tre account palestinesi (follow the native). Si tratta di micro-celebrity ovvero“no-actor as performer” (Senft 2008), vale a dire di una persona che viene seguita non per quello che appare ma per quello che fa o sa fare (Marwick 2015). In questo caso il micro -influencer riveste il ruolo di delegati del sapere che condividendo e archiviano il proprio ricordo biografico contribuiscono modellare la memoria collettiva (Assmann 1997)

Uno strumento scraper, adatto per Instagram, ha estratto 177 reel postati da tre micro-influencer nel periodo compreso tra dicembre 2023 e novembre 2024. La prima fase dell’analisi include la descrizione dei profili e dei contenuti principali dei reel insieme ai i risultati della network analysis, che evidenzia le relazioni con altri attivisti e ONG. La seconda fase di analisi ha evidenziato il livello di polarizzazione e il tipo di lavoro relazionale dei foodblogger.

I profili degli influencer mantengono la natura apparentemente frivola e narcisistica dell'auto-narrazione, necessaria per catturare l'attenzione, per creare un discorso orientato e fortemente empatico e affettivo.I primi risultati mostrano una spinta alla ri-significazione del #foodporn e del “food influencer” (Stagi 2016; Cava 2018) come progetto di attivismo digitale. L'uso di Instagram è finalizzato alla creazione di un archivio di identità e memoria collettiva, in una fase con elevate perdite materiali e immateriali.



Narrazioni digitali delle contested illnesses: temporalità sospesa, riconoscimento e logiche di piattaforma

Miriam Ferraro, Marco Pedroni

Università degli Studi di Ferrara, Italia

Se c’è una lezione che possiamo trarre dall’esperienza pandemica, è che una crisi sanitaria prolungata, accompagnata da periodi di isolamento e quarantena, può rimodellare profondamente la percezione del tempo e le pratiche quotidiane, influenzando anche il modo in cui narriamo noi stessi e costruiamo la nostra identità attraverso gli spazi digitali. Rimanendo nel campo della salute, le contested illnesses o medically unexplained symptoms (MUS), come fibromialgia, sindrome da stanchezza cronica e vulvodinia, rappresentano un caso emblematico per analizzare l’impatto della temporalità sull’esperienza della malattia e sulla sua possibilità di narrazione nel contesto delle piattaforme digitali. Queste patologie, segnate da incertezza diagnostica e riconoscimento istituzionale limitato, mostrano una tensione tra il rallentamento imposto dalla sofferenza e la pressione sociale verso produttività ed efficienza. Inoltre, chi ne è affetto sperimenta una temporalità sospesa, in contrasto con la logica biomedica, che privilegia diagnosi certe e trattamenti standardizzati. Attraverso l’analisi delle narrazioni digitali su piattaforme come Instagram e TikTok, questa ricerca esplora come lo storytelling online contribuisca alla ridefinizione dell’identità di malato, mettendo in discussione le tradizionali categorie di salute e agency dei pazienti. I social media hanno infatti facilitato la nascita di comunità di pazienti che, condividendo esperienze, generano nuove forme di legittimità epistemica. D'altra parte, le narrazioni digitali interagiscono con le logiche algoritmiche delle piattaforme, amplificando la loro visibilità attraverso pratiche di influence marketing. Questo fenomeno, detto anche influ-attivismo, se da un lato favorisce l’advocacy e il riconoscimento, dall’altro può piegare il discorso sulla malattia a logiche neoliberiste di engagement e self-branding. Un ulteriore aspetto critico riguarda l’autenticità: la crescente standardizzazione delle narrazioni digitali rischia di semplificare l’esperienza della malattia, riducendola a un racconto di crescita individuale che oscura le dimensioni strutturali della sofferenza. Questo fenomeno è particolarmente visibile nell’estetizzazione della malattia su piattaforme visuali, dove la narrazione del dolore diventa contenuto ottimizzato per la fruizione algoritmica. Così facendo, si rischia di riprodurre un’ideologia della self-improvement, che individualizza il vissuto e lo sottrae a una lettura politica delle disuguaglianze di accesso alle cure e delle ulteriori dinamiche di esclusione che caratterizzano patologie come quelle prese in esame. Per indagare queste tensioni, la ricerca adotta la thematic analysis all’interno di un contesto di etnografia digitale per identificare e interpretare temi ricorrenti all’interno di narrazioni sui social media. In particolare, questo studio intende concentrarsi sulle modalità con cui pazienti (e attivisti) costruiscono e comunicano la propria identità e il vissuto legato alla malattia esaminando, in particolare, il rapporto tra la temporalità sospesa dell’attesa diagnostica, la costruzione della legittimità epistemica e la tensione tra autenticità e normativizzazione della resilienza nelle piattaforme digitali. Attraverso l’analisi di post, commenti e contenuti audiovisivi pubblicati sui social media, è possibile indagare come il racconto della malattia non solo risponda a esigenze di riconoscimento, ma si inserisca in dinamiche più ampie di negoziazione epistemica e visibilità algoritmica. In conclusione, questo studio intende evidenziare come le narrazioni digitali non siano solo strumenti di autodeterminazione e di costruzione dell’identità di malato, ma anche pratiche sociali che ridefiniscono le frontiere della conoscenza medica e del riconoscimento istituzionale delle contested illnesses. Tuttavia, l’intersezione tra storytelling della malattia, logiche di piattaforma e dinamiche di self-branding impone una riflessione critica sulle ambivalenze di questi spazi digitali: se da un lato i social media favoriscono la creazione di comunità solidali e attiviste, dall’altro rischiano di conformare la sofferenza a modelli narrativi standardizzati, erodendo la complessità dell’esperienza della malattia e reinserendola in un’economia dell’attenzione dove la visibilità diventa condizione necessaria per il riconoscimento.



Personalizzazione del discorso collettivo: influ-attivismo e pubblici nel caso mediatico di Più Libri Più Liberi

Sabrina Brignoli

Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Italia

Le trasformazioni della sfera pubblica digitale nella società contemporanea hanno dato origine a nuove forme di partecipazione politica, influenzando le dinamiche di costruzione del discorso pubblico, caratterizzato da un’accelerazione della produzione e circolazione dei contenuti. Negli spazi digitali regolati dall’economia dell’attenzione, alcuni soggetti rilevanti - come influencer, attivisti digitali e organizzazioni (influ-activists, Murru et al., 2024) - possono giocare un ruolo centrale nella rapida diffusione dei contenuti e agire come mediatori nel dibattito pubblico, orientando le percezioni, le risposte e la mobilitazione dei pubblici.
I pubblici che consumano e rispondono a questi contenuti digitali (boyd, 2014; Papacharissi, 2015) si caratterizzano per una crescente individualizzazione. Gli individui si connettono e interagiscono in rete sempre più come soggetti singoli, anziché come membri di gruppi (Rainie & Wellman, 2012), e vivono la partecipazione politica in modo personalizzato, attraverso pratiche di appropriazione (o resistenza) dei contenuti e stabilendo connessioni individuali con le questioni politiche (personal action frames, Bennett & Segerberg, 2013; Bennett, 1998).

In questo contesto, i pubblici diventano soggetti attivi nella reinterpretazione e produzione delle narrazioni politiche. Le piattaforme digitali offrono un accesso democratico ai mezzi di produzione e distribuzione dei contenuti, rafforzando il senso di agency degli individui (Benkler, 2006; Boccia Artieri, 2012; Jenkins et al., 2016), che possono partecipare attivamente nella costruzione del discorso politico (Dahlgren & Alvares, 2013). L’appropriazione personale delle questioni politiche porta gli individui a produrre e condividere narrative individualizzate, intrecciando la propria dimensione privata con quella pubblica (Boccia Artieri, 2021).
Attraverso questo micro-attivismo individuale, il pubblico dà origine a un senso collettivo di appartenenza (we sense, Boccia Artieri, 2021), capace di irritare la sfera pubblica e influenzare la narrazione politica dominante (Boccia Artieri, 2012;2021; Bennett & Segerberg, 2013).

Questa ricerca si propone di analizzare la tensione tra dinamiche individuali e collettive nella partecipazione politica online, investigando il rapporto tra la comunicazione degli influ-attivisti e le risposte dei pubblici, con particolare attenzione alla produzione di narrative personalizzate all’interno del discorso pubblico.
L’analisi si concentra sul caso mediatico di Più Libri Più Liberi 2024. L’invito alla fiera di un autore accusato di violenza ha innescato un acceso dibattito online, coinvolgendo intellettuali, attivisti e altri soggetti rilevanti nell’ecosistema mediatico. Questo caso rappresenta quindi un’opportunità per esaminare le dinamiche di sviluppo del discorso pubblico tra influ-attivisti e pubblici negli spazi digitali.

I dati sono stati raccolti attraverso il metodo della digital ethnography (Pink et al., 2015), che ha permesso di cogliere le rapide evoluzioni della conversazione nelle piattaforme di Instagram e Facebook. A partire dai contenuti pubblicati, tra il 20 novembre e il 20 dicembre 2024, dai profili ufficiali della fiera e degli autori e case editrici coinvolte, l’approccio etnografico ha permesso di estendere la ricerca ad altri soggetti attraverso commenti, condivisioni e riferimenti espliciti nei contenuti raccolti, portando alla costruzione di un dataset di circa 200 contenuti (n=200).
La costruzione di un codebook ha permesso di analizzare qualitativamente i dati raccolti secondo differenti aspetti: il livello di visibilità e partecipazione attivista dei soggetti coinvolti, il contenuto visuale e tematico, con un focus sulle retoriche e i linguaggi utilizzati, il grado di personalizzazione del discorso e le dinamiche di polarizzazione (Esau et al., 2024) e inciviltà (Bentivegna & Rega, 2024).

I risultati della ricerca evidenziano come la personalizzazione del discorso sia un elemento centrale nelle pratiche comunicative degli influ-attivisti. Attraverso l’uso di narrazioni individualizzate, questi attori riescono a influenzare le dinamiche di costruzione del discorso pubblico e di partecipazione: l’uso di strategie comunicative differenti, che enfatizzano o meno dinamiche di polarizzazione e inciviltà, influenza le risposte dei pubblici e il modo in cui le questioni politiche vengono discusse, contribuendo alla costruzione di narrazioni collettive differenti.



Trasparenza e fiducia nell'immediatezza digitale: studio su 300 influencer italiani

Nicoletta Vittadini

Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia

Il paper indaga il rapporto tra trasparenza e fiducia nelle attività dei creatori di contenuti digitali, con particolare attenzione agli influencer. Il tema della fiducia e delle sue trasformazioni nell'ambito della società delle piattaforme rappresenta un aspetto centrale nella definizione della contemporaneità. La compressione dei tempi di elaborazione nel processo di attribuzione della fiducia rende sempre più necessaria la comprensione delle dinamiche (e delle strategie) che caratterizzano le relazioni comunicative accelerate dai social media. La figura dei creator, e in particolare di coloro che fondano la propria comunicazione sull'affidabilità e sulla capacità di esercitare influenza, costituisce un punto di osservazione privilegiato per analizzare questa compressione temporale.

Il paper presenterà i risultati di un monitoraggio semestrale sulla trasparenza comunicativa di 300 creator sui social media, partendo da una duplice domanda di ricerca: come la trasparenza nella comunicazione promozionale si integra nelle strategie di costruzione della credibilità e quali sono le strategie di costruzione della fiducia di contenuti e creator che presentano forme di comunicazione meno trasparente?

La ricerca ha analizzato oltre 300 influencer italiani per identificare contenuti promozionali non conformi alla Digital Chart dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP). Il monitoraggio si è focalizzato strategicamente su quattro settori chiave: Moda, Beauty, Finanza e Family Influencer, tutti attivi principalmente sulle piattaforme Instagram e TikTok, con un seguito che varia da 50.000 a 5 milioni di follower. La selezione di questi specifici settori risponde a criteri ben definiti: Moda e Beauty sono stati inclusi per la loro rilevanza numerica e per la consolidata presenza di creator che operano in questi ambiti. D'altra parte, i settori Finanza e Family Influencer sono stati selezionati in quanto rappresentano aree emergenti nel panorama dell'influencer marketing, caratterizzate da strategie di comunicazione peculiari e in rapida evoluzione.

Oltre a presentare i risultati complessivi, il paper esplorerà specificamente il nesso tra strategie di costruzione della fiducia e trasparenza. L'analisi si fonda su due elementi chiave identificati in letteratura: la percezione che l'influencer "si prenda cura" dei propri follower, attributo fondamentale di affidabilità, e la costruzione di un "legame emotivo" basato sulla percezione di trasparenza (Xiao et al. 2018; Torres et al., 2019, Ladhari et al 2020; Ki et al 2020; Vrontis et al. 2021). Si verificherà l'ipotesi che la compressione temporale nei processi di attribuzione della fiducia sui social media possa compromettere il rapporto tra la necessità di mantenere trasparenza nei contenuti commerciali e la dimensione del "caring" nella relazione fiduciaria con i follower."

La presentazione dei risultati includerà uno scenario sulla trasparenza comunicativa degli influencer, evidenziando somiglianze e differenze tra i settori monitorati e analizzando la correlazione tra livello di trasparenza e numero di follower.

Seguirà un'analisi più approfondita focalizzata sui settori e sugli influencer con minore trasparenza. L'esame dei contenuti di questo campione specifico rivelerà le connessioni tra scarsa trasparenza e particolari strategie di costruzione della fiducia.

Il monitoraggio si è avvalso di una piattaforma personalizzata sviluppata dalla software house Deus, che integra anche processi di intelligenza artificiale. La piattaforma, approvata dal punto di vista etico dall'EASA (European Advertising Standards Alliance che riunisce gli organismi di autoregolamentazione della pubblicità in diversi paesi europei), è stata "addestrata" con set di parole chiave derivate dallo studio delle strategie comunicative degli influencer nei settori esaminati, permettendo così l'identificazione del database di contenuti per il monitoraggio.

La ricerca proposta intende condividere i risultati di una metodologia che combina analisi automatizzata dei contenuti social con analisi tradizionale, verificando le connessioni tra tecniche di costruzione della fiducia e trasparenza promozionale. Questo contribuisce alla più ampia discussione sul significato della fiducia nell'ecosistema dell'influenza sui social media.



 
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