Programma della conferenza

VII “Non c’è più tempo!” Crisi ed emergenze nella società contemporanea / Cagliari, 19/20 giugno 2025

In un’epoca segnata da crisi ricorrenti e da un senso di urgenza perpetua, il concetto di tempo emerge come una lente imprescindibile per analizzare e comprendere la società contemporanea. Il convegno SISCC 2025, organizzato dalla “Società Scientifica Italiana di Sociologia, Cultura e Comunicazione”, intende riflettere sulle molteplici declinazioni del tempo nel contesto delle crisi odierne, esplorando come l’accelerazione dei ritmi di vita e la proliferazione delle emergenze stiano ridefinendo dimensioni fondamentali dell’educazione, della comunicazione e della vita quotidiana.

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 2 - Panel 03: Comunicazione ambientale e rischio climatico
Ora:
Giovedì, 19/06/2025:
15:15 - 17:15

Chair di sessione: Roberta Paltrinieri
Luogo, sala: Aula Magna Baffi (A0-F)

Piano terra. Edificio A, Campus Sant'Ignazio. Via Sant'Ignazio da Laconi, 74 (CA)

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Presentazioni

Comunicare il rischio alluvionale nel contesto del cambiamento climatico

Barbara Saracino1, Giulia Banfi2, Andrea Rubin2

1Università di Bologna, Italia; 2Università di Ferrara, Italia

Gli eventi meteorologici sono dei pericoli ambientali che possono verificarsi quotidianamente (IPCC, 2022). Tra questi tipi di rischio, le inondazioni fluviali rappresentano quello con il maggior impatto economico in Europa (Paprotny et al., 2018) e si prevede che aumenterà ulteriormente nel prossimo futuro (Jongman, 2018). Un’efficace comunicazione del rischio è dunque fondamentale per collegare le conoscenze degli esperti e le pratiche di gestione con lo sviluppo della resilienza nelle comunità locali a rischio (Butler & Pidgeon, 2011). Tuttavia, l’attuale comunicazione del rischio spesso non riesce a soddisfare le esigenze informative dei cittadini (Rollason et al., 2018) ed è sovente accompagnata da un alto livello di sfiducia nelle organizzazioni che si occupano della comunicazione e della gestione (O’Sullivan et al., 2012).

Numerosi studi hanno evidenziato che la comprensione dei fattori che influenzano la percezione del rischio di alluvione a livello locale è essenziale per ottenere una comunicazione efficace del rischio (Burns & Slovic, 2012) e per migliorare la resilienza delle comunità locali ai rischi naturali (Bradford et al., 2012). Tuttavia, la comunicazione del rischio in Italia sembra prevalentemente focalizzata sula fase emergenziale, cioè sulla fase di gestione del disastro. Riteniamo, in accordo con la letteratura internazionale, che la comunicazione del rischio dovrebbe fungere anche da moltiplicatore della fiducia tra cittadini e istituzioni, e che tale risultato potrebbe essere raggiunto attraverso un dialogo trasparente e partecipato.

In linea con queste premesse, il nostro contributo intende presentare i risultati di un'indagine campionaria condotta nell’ambito del progetto ****. L’indagine, che ha usato una combinazione di tecniche CATI (Computer-Assisted Telephone Interviewing) e CAWI (Computer-Assisted Web Interviewing), ha coinvolto un campione di 2.500 intervistati, proporzionalmente rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne per genere, età, livello di istruzione e area di residenza.

I dati raccolti rilevano l’esposizione alle fonti di informazione sul rischio, la consapevolezza dell’esposizione al rischio nella propria area di residenza, l’alfabetizzazione al rischio (Ramasubramanian et al., 2019), permettono di sviluppare una tipologia di sensibilità al rischio e di evidenziare l’importanza di strategie di prevenzione innovative e di approcci proattivi alla comunicazione del rischio.



La cultura della sostenibilità e l’isomorfismo istituzionale: il ruolo della candidatura di Brescia all’European Green Capital Award

Lavinia Colantoni, Matteo Tarantino

Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia

A fronte dall’intensificarsi delle crisi ambientali, la comunicazione istituzionale risulta caratterizzata da una molteplicità di rappresentazioni della sostenibilità che generano una frammentazione delle culture istituzionali (Moscovici, 1981; Fisher et al, 2018). Fra i fattori che danno forma a questi immaginari e pratiche, una robusta tradizione di ricerca ha individuato l’isomorfismo istituzionale (DiMaggio & Powell, 2010) che descrive il processo secondo cui le organizzazioni tendono nel tempo a adottare pratiche, strutture e norme simili. In questo panorama culturale diversificato, l’European Green Capital Award (EGCA) rappresenta un caso studio significativo per analizzare le co-rappresentazioni istituzionali della sostenibilità e il processo di isomorfismo tra le culture della sostenibilità locali e quelle promosse dall’Unione Europea.

L’EGCA premia le città che si distinguono per il loro impegno nella qualità della vita e nello sviluppo sostenibile (Gudmundsson, 2015). In questa sede ci si focalizza sulla candidatura non vincente della città Brescia all’EGCA 2025, ivi selezionata per due motivi principali: (1) evidenziare le complesse sfide ambientali che la città affronta, accompagnate da una crescente sensibilizzazione della società civile sulle tematiche ecologiche; (2) valutare l'impatto della mera candidatura delle città, indipendentemente dall'ottenimento del premio; una realtà che riguarda la maggior parte delle applicant cities ma che rimane ancora poco esplorata nel dibattito accademico.

All’interno della cultura della sostenibilità, un ambito specifico riguarda il monitoraggio ambientale e la valutazione delle pratiche sostenibili. Attraverso un approccio metodologico misto – che combina etnografia, osservazione partecipante, interviste strutturate e analisi documentale dei prodotti istituzionali – questa ricerca si propone di individuare le trasformazioni chiave nel sistema di monitoraggio e governance della sostenibilità a Brescia. L’attenzione si concentra sull’introduzione di nuovi indicatori, sul loro grado di innovazione e sulla loro integrazione nelle pratiche istituzionali ordinarie. Per ciascun indicatore adottato dalla città sono state analizzate quattro variabili: (a) grado di novità, (b) prospettiva di integrazione nella governance, (c) origine interna o esterna e (d) grado di performance.

I risultati evidenziano che la candidatura all’EGCA ha accelerato la capacità della città di misurare e gestire la sostenibilità nel lungo periodo, con impatti concreti su tre livelli: l’ampliamento del repertorio di indicatori, la ridefinizione delle narrazioni relative alla sostenibilità e un maggiore allineamento tra gli immaginari e le policy locali e transnazionali. Questo processo non solo ha determinato un’evoluzione tecnico-amministrativa, ma ha anche contribuito ad un cambiamento culturale nella concezione della sostenibilità all’interno delle istituzioni locali.



Nessuno spazio per l’urgenza climatica. Egemonia del tempo o dello spazio nella costruzione o negazione dell’agenda mediatica dell’attivismo ambientale

Marco Binotto, Ignazio Terrana

Sapienza Università di Roma, Italia

Partendo dalla riflessione di Foucault (1967), la contemporaneità è caratterizzata da un passaggio dall'egemonia epistemica del tempo a quella dello spazio. Se il pensiero storico del XIX secolo aveva posto l'accento sulla temporalità, l’epoca contemporanea ha visto un interesse per le relazioni spaziali. Nel caso delle modalità di costruzione dell’agenda, il primato dello spazio influenza non solo la percezione di temi di interesse pubblico (come la crisi climatica), ma crea anche terreni di scontro dove logiche di visibilità e spettacolarizzazione prevalgono su urgenze temporali di azione politica.

L’analisi della rappresentazione mediale delle politiche e del dibattito pubblico è un tema consolidato di indagine scientifica, con l’affermazione di strumenti come il “frame” e la “narrazione”. Il frame permette di individuare la connessione tra discorsi, argomenti ed “elementi” comunicativi riuniti da una stessa chiave metaforica (Gamson 2000; Lakoff 2008). La narrazione concentra l’attenzione sul modo in cui personaggi, catene d’azioni ed eventi contribuiscono a suscitare emozioni, attribuire responsabilità, instaurare giudizi morali. Nel tentativo di sistematizzare il campo di studi, chi scrive ha elaborato un modello di analisi che organizza le narrazioni del dibattito pubblico, mettendo a confronto news frame, definizioni di problemi sociali e politiche pubbliche.
La crisi climatica è entrata da anni nell’agenda della politica, eppure l’urgenza di farvi fronte solo parzialmente caratterizzano quantità e qualità del dibattito pubblico (Boyce and Lewis, 2009; Hansen, 2015; Boykoff, 2011; Pinto et al., 2019; Stecula and Merkley, 2019). Le soluzioni proposte sono limitate e non si traducono in una priorità, capace di mobilitare l’opinione pubblica verso una piena transizione ecologica. I media e il dibattito politico svolgono un ruolo cruciale in questo. In Italia, movimenti come Ultima Generazione, Fridays for Future ed Extinction Rebellion hanno cercato di influenzare l’agenda con iniziative provocatorie (Goodman et al., 2016; Berglund and Schimdt, 2020), ma la narrazione prevalente non è cambiata. Al contrario, oltre alla marginalizzazione del tema, con una sostanziale “negazione” dell’agenda, si è assistito a un processo di demonizzazione delle proteste, sollevando interrogativi sul rapporto tra media, politica e framing del dibattito pubblico.

Sono state individuate tre domande di ricerca:

D1. Dinamiche dell’attenzione e cambiamento climatico: Quanto spazio nella copertura dei media viene concesso alla crisi climatica?

D2. Framing della crisi climatica. Quali sono i principali frame utilizzati per descrivere il riscaldamento globale? In quale modo la contrapposizioni tra frame improntate allo spazio o al tempo contribuiscono ai processi di riconoscimento o demonizzazione delle proteste?

D3. Controframing e reframing. Che tipo di narrazione viene proposta dalle forze politiche e dai movimenti sociali e in che modo si confronta con le metafore chiave o le narrazioni dominanti proposta dall’establishment politico e del sistema mediale?

A fronte di tali quesiti, due sono le metodologie e strategie di ricerca adottate: 1. l’analisi del contenuto dell’agenda dei principali quotidiani nazionali; 2. l’analisi del dibattito pubblico sui principali programmi di approfondimento televisivo.

L'ipotesi di ricerca sostiene che i frame spaziali, dominanti nella narrazione pubblica, siano inadatti a trasmettere l’urgenza della crisi climatica e condizionino le forme di protesta, privilegiando azioni performative e mediageniche (Jenkins et al., 2016; Sobieraj, 2011). Questo favorisce la costruzione di contronarrazioni polarizzanti sui social media e l’attenzione dei media mainstream (DeLuca, 2005; Dunlap and McCright, 2010). Al contrario, i tentativi di reframing basati su metafore temporali faticano a ridefinire il dibattito, relegando la crisi climatica ai margini dello spazio politico e trasformandola in una questione post-politica, anziché un’emergenza da affrontare con urgenza (Hammond, 2017).



Pressed for climate change. De-costruzioni e ri-costruzioni dei tempi della transizione ecologica

Ilenia Picardi, Stefano Oricchio, Luca Serafini

Università di Napoli Federico II, Italia

L’analisi della dimensione temporale assume un ruolo cruciale negli studi sociali sulla sostenibilità ambientale. I diversi mondi sociali coinvolti nella costruzione di politiche di mitigazione climatica sottolineano il carattere di ’urgenza’ della crisi climatica, palesato tanto dalle proiezioni diffuse dalle istituzioni scientifiche (ad es. le simulazione dell’IPCC che mostrano possibili scenari di una Terra inabitabile alla fine di questo secolo), quanto dalle timeline definite dalle politiche che definiscono obiettivi da raggiungere nel prossimo futuro (es. Agenda 2030, carbon-neutrality europea nel 2050).

In questo contesto, una trasformazione degli stili di vita individuali orientata al concetto di sostenibilità ambientale rappresenta una delle strategie invocate ritenute necessarie. Nell’ambito di un progetto ****, è stata realizzata un’indagine finalizzata a rilevare i fattori sociali che concorrono nel determinare l’adozione (o la non adozione) di pratiche ecologiche in prospettive pro-sociali e pro-ambientali, relativamente ai temi della mobilità, dell’alimentazione e della climatizzazione degli ambienti. Attraverso 12 focus group condotti in quattro diverse regioni italiane, su un campione differenziato per fasce di età e contesti territoriali (urbani e suburbani) sono quindi state raccolte ed analizzate diverse sensibilità, esperienze e pareri.

Dall’analisi di tali focus group la dimensione temporale emerge come significativa nel definire le scelte individuali volte a contrastare i cambiamenti climatici. Nella percezione dei partecipanti alla ricerca, l’adozione di tali pratiche è difatti vincolata a quelli che la ricerca identifica come generatori di tempo (Rinderspacher 1988) della vita quotidiana contemporanea, i dispositivi regolativi che a) creano requisiti e regolamenti temporali vincolanti; b) impongono un ritmo ai diversi sistemi sociali; c) standardizzano il tempo in ciascun sistema. Tali generatori temporali condizionano le pratiche di mobilità e di alimentazione, determinando asincronie all’interno delle differenti reti sociali (familiari, lavorative ecc.) nelle quali sono coinvolti.

Sulla base di tale ricerca, il contributo propone un’interpretazione critica del processo di transizione ecologica informata da fonti afferenti alla teoria critica (Rosa 2015), alla sociologia economica (Wallerstein 2006), alla critica del valore e alla teoria della decrescita (Jappe 2013, Jappe 2014, Georgescu-Roegen 2003, Latouche 2007), alla Slowing Down Society (Torres e Gross, 2022; Vostal 2017). Alle asincronie rilevate tra i tempi richiesti dalle pratiche ecologiche e quelli dettati dall’accelerazione della vita nel capitalismo digitale (Wajcman, 2020), corrispondono difatti asincronie temporali delle politiche della transizione ecologica. I generatori temporali che emergono dall’analisi dei discorsi sulla transizione suggeriscono soluzioni rapide e semplificate rispetto alla complessità della tematica ecologica, ma difficilmente praticabili e, talvolta, dalla dubbia efficacia se analizzate in un’ottica di lungo termine. La de-costruzione e la ri-costruzione delle pratiche temporali della vita quotidiana appaiono dunque prassi fondamentali per attivare soluzioni – di natura infrastrutturale, organizzativa, politica - realmente sostenibili tanto in una prospettiva ecologica, quanto in una prospettiva sociale.



Reimmaginare le (im)mobilità climatiche attraverso l’arte

Elena Giacomelli, Melissa Moralli, Paola Parmiggiani

Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia, Università di Bologna

Il contributo esamina attraverso un approccio critico le complesse narrazioni che legano cambiamenti climatici e migrazioni (Baldwin 2022; Farbotko 2017), concentrandosi su come la dimensione estetica e discorsiva (Habermas 1984) delle pratiche artistiche possa plasmare l’immaginario sulle migrazioni climatiche. Con l’intensificarsi dei cambiamenti climatici, il concetto di “rifugiati climatici” è diventato centrale nel dibattito politico, e viene spesso associato a una narrativa di minaccia che enfatizza il senso di insicurezza piuttosto che affrontare le disuguaglianze e cause geopolitiche che lo definiscono (Bettini 2013). Queste narrazioni distorte amplificano l’ansia nei riguardi delle migrazioni climatiche, portando a pratiche discriminatorie e a un inasprimento delle misure di sicurezza alle frontiere nel Nord globale (Giacomelli 2023). Sulla base di queste premesse, il presente contributo si propone di ampliare la comprensione dei discorsi che circondano le (im)mobilità indotte dai cambiamenti climatici, esplorando come varie forme di arte, estetica e rappresentazione possano rimodellare queste narrazioni (Mazzara 2019). In particolare, attraverso l’analisi delle narrative sui migranti climatici all’interno di diverse pratiche e sperimentazioni artistiche (Oso, Ribas-Mateos, Moralli 2015) si intende comprendere se queste rappresentazioni possano perpetuare o sfidare la distorsione mediatica mainstream. Si esplorerà, infine, come queste pratiche artistiche possano offrire degli spazi controegemonici per ripensare le varie forme di (im)mobilità climatiche, favorendone una comprensione più sfumata che riconosca le complessità della mobilità umana di fronte al cambiamento climatico.



 
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